Cerchiamo l’assoluto e troviamo sempre solo cose.
Novalis
Asleep or awake, that was the only time that I saw
a being as beautiful as you. Of course, she was not
a human being; and I was afraid of her, – very much
afraid, – but she was so white I… Indeed, I have
never been sure whether it was a dream that I saw,
or the Woman of the Snow.
Lafcadio Hearn, Yuki Onna (in Kwaidan, 1904)
Arrivato in Germania, M dorme in un ostello a pochi passi dal Duomo. Si iscrive a un corso di tedesco in una delle scuole del centro. Qualche settimana dopo trova una stanza in affitto dietro la stazione. Condivide l’appartamento con Martin e Kathrin. Martin vive in città dai tempi dell’università, ma sembra conoscere meno persone di M. Esce dalla camera solo per aprire al ragazzo che ogni sera gli consegna la stessa pizza e la stessa bottiglia.
M passa le giornate guardando film sottotitolati di Fassbinder e di altri tedeschi. Vede anche Chambre 666, un mediometraggio di Wim Wenders in cui il regista, durante il Festival di Cannes ’82, invita alcuni colleghi a entrare, uno dopo l’altro, in una stanza dell’hotel Martinez dove ad attenderli troveranno un magnetofono e un foglio con alcune domande a cui rispondere. C’è anche Fassbinder e il suo contributo si esaurisce in pochi secondi.
A scuola sono molti gli asiatici venuti per ottenere un posto al conservatorio cittadino. Ogni giorno con le loro custodie mettono in scena per i corridoi una silenziosa prova d’orchestra: l’organico sinfonico è rappresentato quasi nella sua interezza con una netta prevalenza di violini.
M stringe amicizia con Dusan, uno studente serbo di scienze politiche che indossa magliette di gruppi metal, e con Doris, una ragazza croata che assomiglia a una Minnie dolce e punk. Quando non è con loro passeggia senza meta finendo sempre col trovarsi ai piedi della cattedrale. Freddo a parte, gli pare che sia come aggirarsi per la savana e andare a sbattere continuamente contro la zampa di un elefante.
Una mattina tra le custodie in movimento vede un’ombra vestita di bianco. I contorni della ragazza gli arrivano indistinti. È giorno ma gli sembra di osservarla alla luce di un candelabro. Lei quasi non parla inglese e il tedesco di M è molto approssimativo. Viene da Hokkaido e studia Germanistica. Escono qualche volta insieme agli altri compagni e una sera rimangono soli. Il significato del suo nome è “foresta verde”. Un’ombra per i boschi di Hokkaido.
M ricorda i racconti dell’amico orientalista a proposito del monte Kurama e degli spiriti tengu, creature dell’iconografia popolare giapponese: uomini uccello dal naso esageratamente lungo. Crede di non aver mai visto nessuna rappresentazione di tengu donna. Vorrebbe chiedere conferma all’amico, ma non saprebbe come rintracciarlo.
Dopo poche settimane il visto scolastico scade e lei deve rientrare in Giappone.
Arriva l’estate. La città si riversa lungo il fiume. A M sembra di non aver mai conosciuto Foresta Verde, che non sia mai esistita, anche se a casa ci sono le bacchette usate per la preparazione del tonkatsu e la copia degli Hymnen an die Nacht di Novalis.
Vista dall’altra sponda la cattedrale con le sue guglie si presenta come uno strano essere bipede. Una nota musicale rovesciata o una lettera giocattolo dimenticata da un gigantesco bambino. Una volta tornato in stazione, salendo la scalinata ha l’impressione che quella massa lo attiri a sé con la forza di un magnete. Gli occhi non riescono a contenere la vastità dei dettagli sulla pietra e la chiesa diventa nuovamente un unico corpo.
La prima neve di ottobre cade sulle chiatte cariche di carbone. Dal ponte di ferro imbiancato gli argini del fiume paiono sfilare nella direzione opposta al suo corso tracciando un paesaggio di cui M non riesce a immaginare la fine.
È arrivato il momento di trasferirsi. La sera prima di partire esce per osservare ancora una volta l’immensa costruzione gotica. Al suo interno è custodita una cassa in legno e argento dorato che secondo la tradizione conterrebbe le reliquie dei Magi, die Heilige Drei Könige. Solo ora, con il naso all’insù, si rende conto di non aver mai messo piede nella cattedrale in tutti quei mesi. Mentre controlla ogni accesso per capire se sia ancora possibile entrare, gli tornano alla mente le parole dell’amico sulle yuki-onna, donne delle nevi che si rivelano ai viandanti intrappolati nelle tempeste senza che il loro camminare lasci traccia. Talvolta uccidono le loro vittime, in altre occasioni le risparmiano.
A Berlino trova lavoro al call center di una compagnia aerea. Nei giorni di riposo prende la circolare sulla Schönhauser Allee e infila una dopo l’altra le stazioni di Prenzlauer Allee, Greifswalder Straße, Landsberger Allee, Storkower Straße, Frankfurter Allee, Ostkreuz, Treptower Park, Sonnenallee, Neukölln, Hermannstraße, Tempelhof, Südkreuz, Schöneberg, Innsbrucker Platz, Bundesplatz, Heidelberger Platz, Hohenzollerndamm, Halensee, Westkreuz, Messe Nord/ICC, Westend, Jungfernheide, Beusselstraße, Westhafen fino al capolinea di Wedding, dove scende per salire sul primo treno in partenza dal lato opposto del marciapiede e percorrere la sequenza in senso antiorario.
Dal libanese sulla Kastanienalle conosce Marco. È con lui poche settimane dopo, quando alla fermata del tram un manifesto cattura la sua attenzione.
L’ultimo giorno della retrospettiva si reca alla Neue Nationalgalerie. Ottenuto il biglietto percorre gli allestimenti in cerca della fotografia. Di fronte all’immagine capisce che sono diorami, animali impagliati disposti in modo da ricreare scene del loro habitat. Nella versione fotografica e bidimensionale appaiono paradossalmente più reali di quanto non lo siano nelle sale di un museo di storia naturale.
Un pomeriggio esce di casa. Fa freddo e davanti al supermercato crede di vedere Foresta Verde. Si ferma a osservare la ragazza. Gli sembra impossibile che sia lei, impossibile poterla ritrovare, per caso, in una città come quella. Tra le scaffalature cariche di prodotti l’impressione svanisce come un ologramma sulle vetrate illuminate del negozio. Entra in libreria e acquista Der Chinese des Schmerzes di Peter Handke.
Fuori si è fatto buio.
Si dirige verso la metropolitana. Dopo una settimana di sciopero è il primo giorno in cui le linee hanno ripreso a circolare. Sui binari c’è una grande confusione. Prende posto in un vagone ma si accorge di aver sbagliato direzione e scende alla fermata successiva. Mentre cerca di capire quando passerà il suo treno, tra le persone davanti alla bacheca degli orari vede ancora Foresta Verde. Indossa un paio di stivali troppo larghi per le sue gambe e un giubbotto di pelle non abbastanza pesante sopra un vestito bianco. Scorre la rubrica ma il numero per qualche motivo non è più nella lista. Decide allora di pronunciare il suo nome ad alta voce. Prima che possa farlo le porte del treno in arrivo si aprono e viene spinto dalla massa in un vagone insieme a lei. Sono distanti e non riesce a capire se si sia accorta di lui, se lo stia guardando.
Giunti alla fermata di Krumme Lanke, Foresta Verde scende. M conosce quella stazione, gli sembra un disco volante in attesa di ripartire. A poche centinaia di metri dall’uscita un sentiero porta al lago. I suoi piedi si muovono veloci, eppure non riesce a tenere il passo di Foresta Verde. Piccoli fantasmi opalescenti si condensano davanti alla bocca, mentre l’asfalto lascia spazio alla terra ghiacciata.
Il riverbero dell’ultimo lampione ormai non illumina più il cammino. Gli occhi si adattano progressivamente alla luce della luna.
M prosegue fino al ponte sul canale ma non c’è traccia di lei.
«Midori?»
Scende la neve.
È fantastico, ho avuto i brividi solo all’inizio!