Quando uscì dalle mie fauci Teseo era un altro. L’esperienza lo aveva mutato.
Recava sulle spalle Asterio, perduto e legato braccia e piedi con il magico gomitolo di Arianna.
Avrebbe poi abbandonato a Nasso la figlia di Minosse e Pasifae, non avrebbe cambiato le vele di proposito, avrebbe compiuto altre cose indegne di un principe e di un re.
Sono Labirinto figlio di Dedalo, lo stregone primo di una stirpe che ha finito con il rendere il vostro mondo uno dei tanti di uno dei tanti universi. Egli mi raccolse che ero serpente senza meta, e mi depose che ero luogo, casa. Asterio, figlio di Minosse e Pasifae, fratello di Arianna, principe con la testa di toro, fu il primo a oltrepassare la soglia delle mie fauci; il secondo fu Teseo, figlio di Egeo e Etra nato da inganno; gli ultimi furono mio padre e Icaro, figlio di mio padre, ucciso da inganno. Nessun altro.
Vi hanno raccontato che in me perirono ateniesi sacrificati in nome di Androgeo, figlio di Minosse e Pasifae, ucciso dagli ateniesi per inganno. Persino Plutarco il bardo lo scrisse. Ma così non fu. Tutta la storia è uno dei tanti racconti di una delle tante Storie. Qualcuno ha interrogato Arianna, qualcun altro Asterio: volevate entrare in me e sciogliere il mio enigma senza passare per le mie fauci, vili uomini dimentichi dell’età del Mondo raggirato dal Sole.
La battaglia fu la danza, non il percorso.
Teseo tremò quando gli aprii la porta, tremava dipanando il magico gomitolo, tremava rispondendo alle spire con le spire. Giunto all’altro mio capo, la coda, trovò Asterio assiso sul trono, bronzeo in volto e scolpito nel resto del corpo. Si inchinò, in attesa che colui che sapeva nobile mostro gli posasse la mano sul capo; stringeva l’arma che sapeva il nobile mostro non poteva vedere perché, come ha raccontato qualcuno, il mostro non poteva conoscere l’inganno dell’uomo.
Asterio posò sul capo di Teseo la mano, Teseo allungò il braccio e la punta, Asterio fece un balzo, una capriola, e il passo di danza lo condusse alle spalle di Teseo, braccio al collo. L’armonia fu la morte di Teseo, la disarmonia non fu la morte di Asterio come tutti hanno raccontato. Non c’erano specchi in me, né altri inganni.
Asterio diede la morte a Teseo senza stillare una goccia di sangue. Afferrò la collana al collo dell’ateniese, aprì il ciondolo, prese la chiave: il minotauro era una bronzea maschera di toro.
Teseo giunse a Creta con l’inganno. Il re ordinò che fosse il primo tra gli ateniesi a varcare la soglia di Labirinto. Fu separato da compagni e compagne di viaggio e messo in una cella.
Gli ateniesi morirono altrove, il principe ignaro.
Arianna, entrata sola in cella, salutò il principe tremante della più gloriosa delle città del Mondo allora conosciuto. Posò la mano sul capo di lui, chino in attesa di salvezza. Diceva di essere pentito, diceva che prima di partire sapeva cosa fare e che giunto alla meta del viaggio non sapeva. Diceva di avere dimenticato i propositi. Arianna sorrise, poi gli ricordò la meta – il mostro. Di mezzo c’ero io, Labirinto. Teseo pianse, chiese aiuto. Arianna sorrise, poi gli promise il suo aiuto in cambio di un pegno d’amore. Teseo accettò il pegno: la collana. Arianna gli porse il magico gomitolo. Gli disse che avrebbe placato il mostro: bastava scioglierlo durante il percorso, come il percorso. Gli disse anche in qual modo uccidere Asterio: gli suggerì l’inganno.
Nessuno, in quella cella, disse che Asterio era il mostro.
Il re di Creta, Minosse, era solo un uomo.
Pasifae era la regina.
La regina, figlia del Sole, non fece quanto è stato narrato.
La regina amava il Mondo come il padre che lo raggirava, e fu questo l’amore che principiò gli eventi, non altro.
La regina di un’isola bramava il Mondo; nell’isola si diceva che Atene fosse padrona del Mondo.
Prima sacrificò Androgeo: espose al Mondo questo figlio di tal fattura da provocare gli ateniesi, da indurli all’inganno.
Poi sacrificò Asterio: convinse questo figlio, antitesi di Androgeo, a mascherarsi da figlio di una regina e di un toro, a farsi inghiottire da Labirinto, a attendere il principe degli ateniesi, a assassinare questo principe con l’inganno.
Indi sacrificò Arianna: convinse questa figlia a incontrare, sola, il principe degli ateniesi in una cella, a convincere il principe degli ateniesi ad amarla e di essere per lui salvezza, a aiutare il principe degli ateniesi a uccidere il fratello con l’inganno.
Infine sacrificò me: mi costrinse a accogliere Asterio, figlio suo, e Teseo principe degli Ateniesi, mi costrinse a convivere con la morte di Dedalo lo stregone, padre mio, e del figlio suo Icaro.
Pasifae non rivelò a nessuno il suo amore. Pasifae era regina e madre. Pasifae mai si addentrò in me.
Sono Labirinto figlio di Dedalo.
Sono una spirale tra testa e coda, tra verità e inganno.
Io sono verità, io sono inganno, verità e inganno sono Labirinto, Labirinto è uno e tutto.
Chi mi crede mi capisce, chi mi capisce mi attraversa, chi mi attraversa è perduto, torna fuori di me, altro da sé, esce fuori di sé, resta dentro di me.
Questa è realtà, figlia di verità e inganno.
che bella idea e che bella scrittura, complimenti!
Grazie, Chiara :-)