Facciamo un po’ una disamina di questa prima metà di stagione di Game of Thrones, la prima senza un romanzo di riferimento.
Jon Snow Reborn
Davvero pensavate che Jon Snow sarebbe morto, sparito dalla scena, come una grandioso Oberyn Vipera Rossa Martell qualunque? Avete creduto a indiscrezioni messe in giro ad arte da Kit Harington e HOB? Avete sentito GRRM ripetere ancora una volta che “no one is safe”? Se sì e avete sofferto per quasi un anno beh, avete avuto uno struggimento inutile. Diciamo che Jon Snow non poteva morire, che neanche il dio crudele della saga, George R “ammazza personaggi”R Martin avrebbe potuto uccidere il bastardo di Winterfell. Tecnicamente Jon Snow era ed è immortale e non per meriti acquisiti o magici ma per una questione tecnica, di scrittura.
Jon infatti è uno di quei personaggi benedetti da un dono che la scrittura, anche e soprattutto quella di una serie, offre e che una volta dato non può essere tolto se non forse all’ultima scena: il Plot Armor.
Anche chiamata Character Immunity, il plot armor è quella corazza appunto che protegge un personaggio dalla morte, quasi sempre violenta, perché indispensabile allo svolgimento di una trama. Non importa cosa può succedere o quali nemici si trovi ad affrontare il nostro eroe, il personaggio sopravvivrà, a qualunque costo. La sopravvivenza against all odds di un tale personaggio è infatti necessaria, una necessità assoluta per lo svolgimento della trama fino alla sua conclusione. Coerenza e ragionevolezza di tale invincibilità è nello scrittore di talento ma questa è un’altra questione. Anche se il Trono di Spade, così come la saga A Song of Ice and Fire ( d’ora in avanti: ASOIAF), è stata spesso presentato come esempio di prodotto “Anyone can die” così davvero non è mai stato e in realtà nessuna saga libresca o serie tv può davvero rientrare in questa categoria. C’è sempre un trick creativo -la cessazione dell’incredulità va fondata narrativamente- per permettere una soluzione di reversibile ragionevolezza a una morte rilevante per la trama complessiva, Gantz che può riportare alla vita un giocatore ne è un esempio. Per preparare lo spettatore di GoT a una ragionevole resurrezione di Jon Snow non per nulla c’è una preview di coerenza narrativa: Beric Dondarrion più volte risorto con accanto un Thoros di Myr e il suo improbabile dono che non per nulla lascia sgomenta Melisandre. Misterioso è R’Hllor che assegna i doni ma quasi per nulla è lo scrittore che costruisce un mondo e decide, entro limiti che neanche lui può superare, il fato dei suoi personaggi.
Né Martin né i produttori possono giocare a essere un dio ritardato che schiaccia gli uomini come insetti, non con un Jon Snow. Deve vivere, anche gli dei non possono sottrarsi ad Ananke che qui è nella scrittura.
Ci sono delle conseguenze per l’avvenuta resurrezione di Jon e la prima è l’elezione dello stesso a nuovo Azor Ahai che succede al sempre compianto Stannis the Mannis Baratheon. Una seconda conseguenza è che Melisandre e il suo Dio Rosso dovrebbero essere considerati finalmente non come stronzi (diritti riservati a Marco Alessi) a pedali ma piuttosto come rispettivamente vero emissario–tragica è la posizione di chi sopporta il peso e il prezzo da pagare per evitare la fine del mondo- e vera divinità, l’unica davvero, al momento, ad aver agito nel mondo nell’opporsi al Night King. La terza è sottile ma non per i nerdoni: non c’è una sola magia in Westeros. Chiaramente non è stato necessario alcun sacrificio di sangue per far risorgere dal Nulla il cavaliere della Folgore e Jon Snow e certamente non vi erano draghi vicino ad entrambi nel momento dei riti. C’è quindi una forza diversa e/o diverse forze all’opera, accanto il magik e il suo sangue necessario. Queste forze adesso e divinità si stanno organizzando insieme ai personaggi/seguaci ma questa è un’altra lunga questione.
Ve ne è un’altra: menzogna si accompagna a tradimento diceva il Cardinale Richelieu. Gli Stark rimasti in libertà e prossimità operativa, Sansa bugiardella e Jon Snow, si preparano a una guerra intestina? Del resto al di là della vulgata che considera i Lannister cattivi e gli Stark buoni bisogna ricordare che la storia degli Stark è piena di assassini, traditori, stupratori. Colmi di Stark sono gli annali dei Guardiani della Notte e mai la Barriera è stata un luogo ameno per nobili volenterosi.
Le Tre Teste del drago e le teorie confermate
Ora che Jon Snow è vivo, oltre che un possibile Azor Ahai, ecco che in questa stagione, come annunciato del resto nella scorsa con Tyrion a Volantis, anche Daenerys viene ufficialmente designata come Lightbringer contro il Dio che non si può nominare. Appare una seconda sacerdotessa di R’hllor a Meereen, una che fa sfoggio di conoscenza “impossibile” di fronte al Maestro dei Sussurri, Varys.
Anche qui la fortuna non è del caso ma piuttosto della necessità narrativa e tutto si può dire tranne che Daenerys e Tyrion non siano stati molto fortunati.
In questa stagione vediamo Daenerys alla testa di centomila dotraki, pronta a cavalcare il mondo. Fortunata davvero già adesso e sempre lo è stata. Al più volte nominato come figura mitica, Aegon I il Conquistatore, pur avendo tre draghi addestrati servirono anni di diplomazia, intrighi, assassini politici per avere un esercito appena decente per lanciarsi alla conquista del Continente Occidentale. A Dany invece è concesso molto e molto velocemente.
A questo punto la tradizione Targaryan del Drago a tre teste citata in molte fonti del canone (libri della saga e background) si unisce, con buona e ragionevole approssimazione, al mito “orientale” di Azor Ahai e alla profezia della sua venuta in una guerra incombente contro gli Altri.
Il Drago ha tre teste e se ASOIAF è anche la storia del ritorno dei Targaryan al potere, immuni alla morte in scena devono essere certamente altri due personaggi.
Una è certamente appunto Daenerys etc. etc. Targaryan e siccome Benioff & Co. hanno ben deciso di seccare alla fonte altri Targaryan presenti nella cospirazione Varys-Dorniana dei libri manca un’altra testa. Un secondo è il redivivo Jon Snow.
Quanto al terzo basterebbe guardare alla fortuna, quanto alla benevolenza degli scrittori, per identificarlo. La terza testa alla luce degli eventi di questa sesta stagione non può non essere che Tyrion Lannister, l’amico dei Draghi. Ogni scena non è casuale e il liberatore di Draghi famelici Tyrion Lannister mostra “poteri” che sono propri dei veri cavalcatori di draghi, i Targaryan.
Sparsi nel canone ci sono vari indizi sulla vera paternità di Tyrion che appunto non sarebbe “solo” un Lannister. Sembra infatti che Aegon V, aka il Re Folle, abbia avuto parecchie occasioni per lasciarsi andare con la moglie del suo temuto Primo Cavaliere del Re, Tyrwin Lannister. Oltre questo chi può davvero vantare un plot armor equivalente a quello di Jon Snow? Chi è sempre fortunato e invincibile? Chi ha probabilmente sangue Targaryan e ha “domato” il fuoco nella baia delle Acque Nere e dei draghi? Il personaggio preferito di GRRM è, per sua stessa ammissione, il Nano. Per chi scrive è semplicemente la terza testa.
Chicche per il canone
… e quella principale è lo svelamento sull’origine degli Altri.
A Song of Ice and Fire riguarda solo una piccola parte dell’universo di Martin. Il cosiddetto background è molto più ampio ed è una storia di catastrofi, guerre secolari, medioevi magico-tecnologici e soprattutto migrazioni.
Dodicimila anni prima degli eventi mostrati in GoT da Essos migrarono sul continente occidentale i cosiddetti Primi Uomini, il gruppo etnico rappresentato dagli abitanti della Valle e del Nord. Questa ondata migratoria non si trovò a colonizzare un continente disabitato. Westeros infatti era abitato da giganti, creature enormi e intelligenti come i metalupi e soprattutto dai Figli della Foresta. Ne seguì una guerra lunga duemila anni che sappiamo conclusasi con il Patto dell’Isola delle Facce.
Nell’ultima puntata ecco appunto svelata l’origine degli Altri, una notizia nuova mai citata dal canone: Gli Altri sono un’arma per combattere i vincenti Primi Uomini, creata dai Figli della Foresta. Le cose devono essersi messe male, ultima ratio contro l’invasione dei Primi Uomini, un’arma di distruzione di massa che è sfuggita al controllo e a cui, sembra, Azor Ahai abbia posto fine. Eppure i Figli della foresta e i Greenseer avevano il potere di innalzare montagne e inabissare parti di un continente (Essos e Westeros erano una volta uniti infatti). La Barriera, costruita in seguito dal mitico Bran il Costruttore, è si bastata ma solo per alcuni millenni. In questa guerra millenaria i biondi Andali e gli ultimi Valyriani, i Targaryan, sono nuovi venuti.
Tra le altre armi dei Figli della Foresta contro gli invasori umani sappiamo esserci anche gli Alberi Diga, protettori delle genti del Nord e quasi completamente eliminati dall’Incollatura fino a Dorne. E qui in questa stagione viene chiarita e sviluppata la funzione degli Alberi Diga. Uno strumento di ascolto e spionaggio che i Primi Uomini appena arrivati si affrettarono a eliminare ma non solo. Sappiamo che questa immensa rete continentale e antichissima di Alberi sembra possa permettere, a soggetti particolari, di “vedere”, sino ad ora, il passato come registrato, forse, apparentemente, nella memoria biologica degli alberi. Nell’ultimo episodio scopriamo con chiarezza, oltre la Tower of Joy, che la funzione non era limitata all’osservare ma sembra sia possibile interagire con eventi del passato e qui arriva la teoria del viaggio nel tempo…
Paradosso temporale(?) ovvero una possibile, imprudente scemenza
La prima scena davvero interessante di una stagione a mio parere ripetitiva e poco creativa è quella finale dell’episodio 05, (Hold) the Door.
Abbiamo già visto Bran in interazione debole con il passato nell’episodio della Tower of Joy (Un giovane Ned Stark si gira a cercare qualcuno che lo chiama). In The Door inoltre vediamo, secondo lo schema classico e banale dell’apprendista stregone che fa una cavolata, Brandon Stark che viene marchiato dal Night King ma è il finale dell’episodio che è un possibile game changer.
Brandon sfrutta i suoi poteri da Warg per controllare Hodor (in realtà si chiama Walder, Willys nella serie tv) mentre si trova in un Winterfell del passato, un momento importantissimo in cui il giovane Ned Stark sta per andare nella Valle, usando il suo altro nuovo potere da greenseer. Ecco che la combinazione dei due poteri sembra causare al giovane Hodor quella afasia espressiva che lo ha costretto a ripetere sempre la stessa parola, il proprio nome; in realtà scopriamo una contrazione dell’ultimo imperativo di chi lo stava controllando: HOld the DOoR.
L’interfaccia all’albero diga permetterebbe di modificare, in questo caso in maniera tragica, il futuro. Si creerebbe quindi un paradosso temporale e scopriamo definitivamente che un greenseer, per quanto in apprendistato come Bran, può modificare il continuum spazio-temporale. Sembra non sia vero quello detto dal Corvo con tre occhi che il passato non si può alterare.
Ci sono vari personaggi che sembrano avere conoscenze impossibili del passato e del futuro in ASOIAF. La strega della foresta che profetizza alla giovane Cersei, le sacerdotesse di R’hllor, il giovane Jojen di Casa Reed ma nessuno di loro ha questo potere di viaggiare nel tempo e di cambiarlo.
Ma è davvero un viaggio nel tempo? Io non ne sono così sicuro e in attesa di altri sviluppi a conferma della teoria del viaggio nel tempo ci sono indizi per non prenderla come definitiva.
Il viaggio nel tempo è una incredibile complicazione narrativa. Intere generazioni di greenseer non hanno potuto cambiare la storia in altri punti dello spazio tempo? Un sistema di viaggio nel tempo così potente di fatto è un’arma formidabile e invincibile contro qualunque nemico, figuriamoci contro le orde dei Primi Uomini armati di spade di rame. Puoi modificare il passato e non riesci a battere un’orda di barbari? Serviva davvero allora creare un esercito di zombie e un’elite di stregoni di ghiaccio quasi invincibili? C’è anche il paradosso di Hitler da considerare come esempio classico “respingente” per la teoria del viaggio nel tempo: un viaggiatore del tempo uccide Hitler, giovane o già al potere che sia, e crea un futuro ancora più cupo e distruttivo. Un esempio inverso è il finale di 11.22.63, in cui, altro spoiler(!!!), salvare il presidente Kennedy da L. H. Oswald porterebbe il mondo alla catastrofe. Il Tree-eyed Raven ha forse dimenticato la prima regola da insegnare a Brandon? Non cambiare il passato. Bisogna anche considerare la scarsa davvero creatività dell’espediente “viaggio nel tempo”. Davvero ASOIAF o anche solo GoT deve diventare uno show del Doctor Who in pelle di pecora con i possibili finali farlocchi alla Lost in un gioco di paradossi più o meno divertenti?
Non c’è un solo, singolo accenno al viaggio nel tempo in tutta la saga, nessun ambito di sviluppo in tal senso. C’è una misteriosa figura di alchimista che uccide un apprendista della Cittadella in Storm of Swords per rubare delle chiavi e accedere a un qualche segreto. Ne parlo perché è un “mistero” non svelato o accennato, qualcosa tagliato dalla serie Tv e in sospeso nei romanzi, una scena con conseguenze ancora non esplorate che appena, con grandissimo sforzo “creativo”, può far pensare a un viaggiatore nel tempo. Non c’è nient’altro di “aperto” e quindi sviluppabile. Aggiungo che il viaggio del tempo è un trick davvero poco creativo e soprattutto senza ragionevole coerenza nel canone come nella serie, tv o di romanzi che sia. Tocca però dopo la pars destruens sulla teoria del viaggio nel tempo, per quanto fiacca e parziale, provvedere a un’alternativa.
Ho non a caso usato e uso adesso termini come collegamento, interfaccia, rete continentale per descrivere il funzionamento degli alberi diga e relativi utilizzatori, i greenseer. Che questo potere sia un accesso a una sorta di memoria biologica conservata negli alberi diga? O piuttosto un canalizzatore di una memoria genetica? Interfacciarsi a queste memorie, o banchi di memoria, non è per tutti, solo per individui particolari. Uno Stark fino ad ora è sempre presente in queste visioni del passato e potrebbe ben essere un avo degli Stark l’uomo della stirpe dei Primi Uomini che i Figli della Foresta trasformano in un White Walker. La tesi della memoria genetica è rafforzata dal fatto che non ci sono alberi diga alla Tower of Joy ma Bran riesce comunque a vedere la scena epica. C’è suo padre, ancora una volta.
Eppure sembra che Bran riesca a far voltare il suo padre giovane (poco prima che cominci a salire sulle torre per salvare Lyanna. Eppure nell’episodio The Door sembra proprio che Bran entri nella mente di Hodor cheancoranonloè e ne causi i danni cerebrali che lo accompagneranno tutta la vita, fino all’ultimo straziante e non autonomo momento.
Eppure il Tree Eyed Raven dice chiaramente a Bran che il passato non si può cambiare, che “l’inchiostro è ormai asciutto”.
Prima di scomodare il viaggio nel tempo,aggregandolo a qualche teoria del tempo circolare etc., in attesa di essere smentito ovviamente, è più ragionevole considerare che Bran, nella scena finale di The Door, sia spettatore di un attacco epilettico di “profezia” del giovane Willys/Hodor mentre sta assistendo alla propria morte di lì qualche decennio avanti nel futuro. Quell’attacco epilettico sarà la causa del danno cerebrale a Willys che poi diventerà Hodor. Non per nulla è Hodor, nel presente da adulto, che viene posseduto da Bran non il giovane Willys. Per questo basta guardare bene la sequenza di montaggio che, per una scena così importante, deve essere stato non frettoloso.
Più volte a Martin, scrittore principalmente di fantascienza, è stato chiesto se in realtà il mondo del Trono di Spade fosse un medioevo postapocalittico, una Sci-Fi in costume etc. ma Martin ha sempre smentito fermamente. Il viaggio nel tempo è un elemento della fantascienza chiamato in causa a mio parere prematuramente, un primo rimando non ponderato alla prima visione della puntata.
Ci sono ovviamente degli indizi che possono far chiamare in causa elementi della fantascienza in ASOIAF. Si possono immaginare antichi esperimenti genetici su uomini e draghi da dei primigeni, ci sono costruzioni “impossibili” per le tecniche costruttive di un alto medioevo come in ASOIAF. La Barriera, il Titano di Braavos, alcune strutture immense e misteriose a Città Vecchia così simili a quelle di città di Essos di cui gli abitanti attuali non conoscono l’origine. Altre sono misteriose come il Dio Abissale e l’origine etnica stessa degli Uomini di Ferro, “nati dal mare”. C’è Valyria, una civiltà avanzata ma non troppo, distrutta in una notte da vulcani divenuti incontrollabili che hanno fatto parlare di una civiltà capace di Geoengineering. Si può ipotizzare di questa rete di cui gli alberi diga sarebbero i terminali e di una qualche forma di computer a base magico-biologica, che ASOIAF sia il sogno tormentato di un impiegato ma insomma l’accettazione del viaggio del tempo e conseguente paradosso pare a chi scrive davvero una tesi prematura se non sbagliata.
Guardo la cicatrice sulla fronte del giovane Willys e sì è un dettaglio ma può bastare. La profezia fa parte in maniera organica nell’universo di Martin. Il time-travel e l’esplosione dei paradossi possibili non ne fanno parte e non sono davvero necessari.
Semplicità: il giorno in cui Ned Stark lasciò Winterfell per andare dal suo protettore Jon Arryn, un giovane stalliere, con un precedente grave trauma al cervello, si vide morire mentre teneva una porta.