- “¿Dónde coño me habéis llevado? ¡Pero si aquí no se ve ni una mierda!” (Tiresia)
- Quella meravigliosa confusione di prima e dopo (usteron proteron) del discorso dimostrativo applicato alle scienze naturali: così, ne Il gene egoista (Richard Dawkins, 1973 o giù di lì), libro mirabile e divulgativo e interessantissimo, si descrive il funzionamento della macchina da sopravvivenza primaria (il gene, poichè così si credeva negli psichedelici anni ’70) secondo i criteri della statistica, con dicotomie prese in prestito all’etica di base (egoismo/altruismo). Sarà così? Si può dire?
- “La tautologia è sempre qualcosa in più di una mera tautologia.” (Heidegger). Ma che stamo a spigne ‘e tartarughe?
- “Anche il biologo che studia i geni è dominato dai proprio geni”*. Questo pare essere un assioma centrale nell’ultimo romanzo di Massimiliano Parente (L’inumano, Mondadori, 2012). Ecco che, qui, quella confusione di cui sopra (usteron proteron) si spinge ancora più avanti, nella letteratura (che non è il discorso dimostrativo quanto piuttosto il suo limite) – è il mostro stesso che Parente ha creato (o ricreato, in fondo: è il principio stesso del realismo): la letteratura al servizio di “verità terribili”. Stiamo girando in tondo.
- Un ringraziamento a Parente stesso, infine, per aver impersonificato una maschera che, come tale, mancava nella storia della letteratura italiana: il vero cazzimmoso, o canaille, o puto – più nero del nero di Shakespeare. Una ruolo in meno, per noi, da dover giocare (un ruolo che uno avrebbe la tentazione di dover assumere, da cui invece ora si è assolti) nella commedia**.
- E allora incipit comoedia.
*citazione a memoria.
** Tuttavia per fare il vero cazzimmoso ci voglion palle
Per contraddizione a quel “più nero del nero di Shakespeare”, Parente sta scrivendo un’opera su Hitler, genio estetico a quanto pare, di sicuro incompreso come questo italiano.
Ma, caro Alfharidi, io penso – ed è così raro con ‘sto caldo, tutto dilatato sto – che a un certo punto pure è necessaria l’epochè su tale scrittore, che a me ricorda sempre quella definizione nicciana che fa di un prete – cito a memoria surriscaldata – “un predicatore di morte, di fine”. Non si può dire lo stesso di chi si autopoclama genio, fosse anche solo come tentazione o come “scandalo”, e non è proprio questo comportamento – solo maschera senza neanche più l’attore (ah, Bene!) – che è ormai superato?
Tanata!
Quijano caro (carissimo, in realtà) tu l’hai detto. Penso che qua a Crapula abbiamo già avuto modo di fare epochè su Parente – ma si può fare di più, concordo. quanto a me, ho cercato di essere giusto (l’istinto distruttore talvolta prende e scamazza e s’inebria e basta): so bene, ne sono convinto, che per fare quello che da qualche anno sta facendo Parente (non solo i libri ma tutto il fattoapposta) ci vogliono palle, ed anche per questo, in qualche modo, lo ammiro; mi ha dato sfide da sfidare e per questo lo ringrazio. e mi ha tolto pure davanti un paio di maschere scomode, che probabilmente avrei indossato impacciato.
Come io la penso su Parente, in generale, penso sia chiaro nel mio pezzo su Contronatura. è in ogni caso un predicatore di fine in ritardo, come dici.
Cammelo Bene è di certo uno dei suoi padri. anche per lui nutro cose contrastanti. Nonostante tutto, in Salomé, l’arrivata di Giovanni Battista in camiseta della nazionale, urlando in calabrese, è un momento di rappresentazione che mi ha cambiato la vita.
Te-se-o
Caro Alonso Quijano,
sperando che con tale nome ella non pensi di usurpare una hidalguìa che a me pertiene per sangue essendo di madre manchega, mi permetto di accompagnare l’estrapolazione su predicatore di morte…hanno paura della bellezza e della sensualità, hanno inventato un aldilà per meglio calunniare l’al di qua, in fondo hanno un aspirazione al nulla, alla fine, al riposo, fino al “sabato dei sabati”, far valere soltanto valori morali, mi pare una forma pericolosa e sinistra, una volontà di morte, un segno di profondissima malattia, stanchezza, malessere, esaurimento, impoverimento di vita…
F.W.N
Caro Jean-Pierre Lozano,
usurpare hidalguìa? perchè il sangue – il DNA, il gene – in letteratura vale qualcosa? e poi, se non lo hai capito, qui a Crapula è la commedia ciò che ci titilla il glande e ci fa godere.
Ti dico, però, che apprezzo molto questa tua presenza, la trovo stimolante e spero che tornerai a farci visita.
in cattiva fede
Alonso Quijano
Jean-Pierre, mi piace la sua satira. L’hidalguía è manchega come il queso, di nome. Di fatto, è di chi la fa propria. Saluti