Anastasia mi scrive che muore dalla voglia di vedermi. Non sa ancora nulla di Francesca e, forse, è meglio così. Cammino per le vie del centro, faccio lo slalom tra i turisti, entro in una birreria, guardo l’ora, esco, vado in una pasticceria. Ordino una cioccolata calda, odio la cioccolata calda, la bevo comunque. Anastasia muore dalla voglia di vedermi. Me la immagino, agonizzante, un po’ mi dispiace, un po’ mi fa anche piacere però. Penso a come evitarle il dolore, ricordo quel volontariato tristissimo fatto di letture di giornali vecchi e mi dispiace per Anastasia. Poco prima di morire mi prende la mano e mi dice ti amo, poi smette di essere e io continuo a vivere e Francesca ad organizzare. E io non ho risolto niente. Oppure potrei dire ad Anastasia di Francesca, raccontarle di ieri mattina: mi sveglio con un cerchio alla testa, lo stomaco aggrovigliato e il sapore di morte in bocca. Niente di nuovo, per carità. Il movimento isterico e frenetico di Francesca però mi confonde. Vede che sono sveglio, se mi si può definire così, mi fissa, con un sorriso nuovo, ebete. Decisamente eccessivo. Ride, mi abbraccia. Come una pazza saltella da una parte all’altra della stanza. Tra le braccia tiene stretto un raccoglitore che pesa più di lei, bianco e rosa. Si siede sul letto, accanto a me. Le prime pagine sono coperte da una pellicola coprente fucsia. “Queste tu non le puoi mica vedere!” e ride, come una scema. Non ricordo niente di ieri sera, ma lei deve esserci andata giù pesante, penso, mentre Francesca sfoglia le pagine e organizza, borbotta, torna indietro, sbuffa, ride. “Eccola! Allora: Appuntamenti ed impegni in agenda. Un anno e mezzo prima: data e luogo del matrimonio: chiesa o comune, scelta chiesa per il rito religioso, parroco, e fissare la data per la chiesa, corso prematrimoniale, scelta testimoni; per il rito civile, be’, no, questo a noi non interessa”. Ma che cazzo? Ero sbronzo, sì, ma mica a fino questo punto. Poi me lo ricorderei, no? Forse mi sta facendo uno scherzo… “…tipologia del ricevimento (villa, cartering, ristorante…), budget e caparre varie, scelta location, lista degli invitati, poi: sposa e sposo. Abito da sposa e sposo, prove abito e giorno ritiro scarpe, guanti, stola, accessori, gioielli, fedi nuziali, nome e data sugli anelli, eh, qui poi dobbiamo decidere se mettere il nome intero o il diminutivo, tu che dici, amore?”
Mi concentro. L’unico mio obiettivo è arrivare al cesso.
Ora mi sto riprendendo appena. Francesca mi guarda preoccupata e mi chiede se ci sto ripensando, se sta correndo troppo con i preparativi. Non rispondo, farfuglio qualcosa che lei interpreta come: Ma no, amore, fai pure, continua pure così e non ascoltarmi. Alle undici e mezza, dopo tre aspirine (l’intento era quello di finire all’ospedale, ma evidentemente l’aspirina non era la scelta giusta) sono al brunch con i genitori di Francesca che mi dicono che non se lo aspettavano proprio. Eh, figuriamoci io. La madre di Francesca esamina le mani nude della figlia e mi guarda con aria di rimprovero. Francesca racconta di ieri sera, finalmente. Scopro di essermi inginocchiato e di averle chiesto, in mezzo alla piazza, di sposarmi. Ma allora stavo proprio scherzando. Sarà stato un gioco e lei me la sta facendo pagare. Oppure è stata un’esclamazione in un momento intimo e lei ora non può raccontarlo così ai genitori. Fatto sta che io sicuramente non le ho chiesto niente del genere. Non seriamente. Io poi! Sposarmi… Scopro che esiste il salvatacco, una pellicola protettiva per i tacchi e durante tutto il brunch (perché non si poteva andare a pranzo ancora non lo capisco) si parla di questo benedetto salvatacco. Per le scarpe che tutti loro conoscono, ma di cui io non posso sapere niente. Credo che sopravvivrò.
Dopo le frasi di circostanza e i baci pelosi della madre di Francesca torniamo a casa.
Durante il tragitto vorrei indagare, ma l’unica cosa che mi ripete fino allo sfinimento è che mancano ancora il cuscino porta fedi e il parrucchiere, l’estetista, le prove acconciatura e trucco, la borsa s.o.s. sposa con make up, calze ricambio, medicine, forcine, smalto, lacca e bomboniere. Mi chiedo se davvero abbia intenzione di mettere le bomboniere in mezzo alle calze e ai trucchi, ma non dico nulla. Le bomboniere: di che tipo le vogliamo fare? Le dico che non mi ricordo bene, di raccontarmi meglio di ieri. Lei mi dà dello stupido e mi dice di smetterla. Io non chiederei mai una cosa del genere. La mia è un’insicurezza esistenziale. Mi vengono i dubbi. Quando vado a farmi firmare un libro da uno scrittore mi viene il dubbio di avere tra le mani il libro di un altro e mi immagino la reazione dello scrittore e allora poi non lo faccio mai. Mi è successo con Magris e con Eco e con Nora Bossong. Nella mia testa Teresa Präauer mi ha firmato il libro di Giorgio Vasta e Giorgio Vasta quello di Trevisan. Trevisan non me ne ha firmato nessuno perché avevo paura si incazzasse. E forse avevo pure ragione. Ma certi dubbi mi assalgono anche nel momento in cui devo dire o scrivere nomi. Io non scrivo mai nomi, perché penso che poi potrei sbagliare, confonderli, chiamare mamma il babbo e zia la nonna. Io evito i nomi. Francesca non la chiamo mai Francesca, la chiamo amore, gioia, che sembra sempre una presa in giro, ma in realtà è per questo. Lo stesso lo faccio con Anastasia. E anche i voti all’università, non li chiedevo mai e poi chiedevo a Giulia, senza chiamarla per nome, ovviamente, se anche lei vedeva quel numero lì. O i soldi, il documento prima di partire, lo mostravo, insicuro, sperando di aver capito bene. Anche al cesso, a volte, penso che se quello lì non fosse un cesso, be’, sai che figura? Figuriamoci chiedere a una di sposarla… sarà stata una bravata, un gesto teatrale, sfottente, uno scimmiottamento di qualche film, un tipico gesto da sbronza. E quella, furba come sempre, me la sta facendo pagare. Per Anastasia, per tutte le altre.
Dormo a casa mia, con una scusa che sa di scusa e quando mi scrive Anastasia penso che ho sbagliato tutto. Forse ha saputo del matrimonio e per questo muore dalla voglia di vedermi. E se potessi salvarla? Decido di salvarla e di scappare in Messico: appuro di essere un luogo comune con le gambe. Per salvarla devo fare in modo che le passi la voglia di vedermi. Potrei comportarmi male, ma già lo faccio, da sempre. Potrei dirle la verità, che Francesca ha deciso di sposarmi, spacciando la sua decisione per un mio romantico proposito, e allora lei sì che avrà pietà di me, mi abbraccerà e morirà, di voglia di vedermi. E, di nuovo, non avrò risolto niente. Ho passato una vita a cercare modi per piacere alle donne e ora devo fare il contrario. Probabilmente basta riutilizzare i metodi escogitati per piacere (che non funzionano mai) e potrò non piacere. Ma con Anastasia non funziona. Mi siedo per terra e penso. Riapro il messaggio e non trovo soluzione. Senza capire bene il perché, entro in un sito di matrimoni, una specie di piazza in cui la gente scrive cose. È davvero così: la gente scrive cose. Mi registro come “sposa” e scelgo come immagine del profilo una foto di mia cugina, che, tanto, odia internet e quindi non lo scoprirà mai. Devo inserire la data del matrimonio, il numero degli invitati e lo stile. Il primo febbraio 2019, 400 invitati e per lo stile sono indeciso tra elegante e rustico, ma in realtà non ha molta importanza. Apro un cosiddetto “topic” chiedendo chi è della mia provincia, in modo da trovare Francesca che, sicuramente, non sta facendo altro che organizzare questa farsa. Posso chiedere preventivi gratis nella mia provincia, sembra interessante e, per curiosità, ci provo. Nel frattempo ricevo medaglie e capisco che esiste un sistema di punti e ranghi da diventare scemi. Sono ancora una “sposa novella”, mi piace il mio nuovo ruolo e mi complimento con me stesso. Scopro che fm significa futuro marito, che le fs, le future spose, sono isteriche e che l’olio di cocco è miracoloso per capelli e pelle. Mi rispondono in 164, ma di Francesca nemmeno la traccia. Francesca non conosce mia cugina, per fortuna. Mi sento obbligato a ringraziare una a una ogni sposa, “novella” o “top” che sia. Passo il pomeriggio a commentare prove trucco di cui non capisco niente, ma in realtà un po’ mi diverto. Scopro che esistono delle amministratrici e una di loro mi scrive in privato facendomi gli auguri e proponendomi diversi “outfit per la sposa invernale”, rispondo che non ho ancora scelto l’abito, ma che vorrei tanto trovare la mia amica Francesca, che si sposa anche lei. Non ricevo risposta. Forse hanno capito tutto perché ogni volta che scrivo qualcosa, ora, vengo ignorato. Intanto sono salito di rango e sono una “sposa curiosa”, sono a casa mia e sono le tre di notte e io sono immerso in una discussione esistenziale: tight, mezzo tight o abito classico? Cravatta o papillon? Ricevo una medaglia: è un caffè virtuale perché è tardi. A quest’ora ho sicuramente bisogno di energia extra. Per questo mi inviano un caffè che mi mantenga “sveglia”. Persino il sito delle spose mi prende in giro. Spengo e vado a dormire.
È mattina e ho dormito malissimo. Penso ad Anastasia e mi chiedo i tempi di morte per voglia di vedere qualcuno. Avrà un nome? Oggi non vado a lezione, tanto il professore di letteratura medievale ripete sempre le stesse cose e al lavoro non ci voglio andare, per quello che prendo… Chiamo il mio capo e dico di essere malato, lui non mi crede, ma non ha importanza. Faccio colazione con un avanzo di caffè freddo e un pezzo di pane. Potrei andare a correre, ma fuori fa freddo. Entro nel sito delle spose isteriche e ricontrollo le notifiche; Francesca non si trova. Forse, anzi sicuramente, da persona intelligente qual è, non è iscritta con il suo nome vero. La chiamo? Le dico che ero sbronzo, che scherzavo? Che Anastasia sta morendo, che sono in lutto, che vorrei salvarla? C’è chi, per il matrimonio, ha un tema definito, chi non ha propriamente un tema e chi solo un filo conduttore tra le varie scelte. Ci sono bomboniere, segnaposto, salvatacco, primo appuntamento, prima prova, seconda prova, ritiro dell’abito, la gente chiede consiglio sulla sfumatura del colore dello smalto che deve richiamare il tacco della zia e la borsetta della damigella. Ci sono damigelle, testimoni, tavoli d’onore, beauty routine per lei e per lui, scaramanzie, regole, 7 cose da sapere prima di sposarsi, 5 regole per gli invitati che, non si sa mai, leggo. Per la prima volta nella vita mi accorgo di quante cose ci sono in un corpo a cui pensare: capelli, pelle, occhi, labbra, denti. Leggo di mille tecniche naturali per la cura di sé (un’espressione che mi ha sempre fatto ridere), c’è chi si spalma la maionese in testa (e ne va fiera!), chi si spiattella un uovo in faccia, chi invece utilizza i fondi di caffè per fare uno “scrub” sulle gambe. Credo di avere imparato più in questi due giorni che in quattro anni di università. Per curiosità faccio un caffè, ma mi viene da ridere e me lo bevo. Francesca mi chiama e io non rispondo. Anastasia non si fa sentire, che sia già morta? Cerco su internet “morire dalla voglia di vederti”, per capire se esistano cure: scopro solo che anche gli inglesi e i francesi muoiono dalla voglia di vedere qualcuno e mi chiedo se abbia a che fare con la cultura occidentale. Ma sono stanco e le mie teorie mi stufano.
Mi viene un’idea, anzi due idee geniali. Chiedo in community, alle “altre brides”, come sono state le loro proposte di matrimonio. Tra le risposte delle “sposine” una salta all’occhio: è una certa Bride80 che dice che “fm” le ha chiesto di sposarla, in una piazza. Un po’ ne vado orgoglioso, ora, a leggerlo così e chiedo a Bride80 di mostrarmi una foto dell’anello. Mi risponde che lei l’anello non l’ha ricevuto, ma che non se lo aspettava e che va bene così. Sono proprio orgoglioso di lei e ormai non c’è più dubbio, Bride80 è Francesca. La “seguo” virtualmente, controllo tutte le foto, scopro che ci sposiamo il 15 settembre 2020, mi sembra una bella data e per un momento sono quasi contento di sposarla, Bride80, Francesca. E se invitassi Anastasia? Sicuramente le passerebbe la voglia di vedermi e così la salverei.
Decido così di andare al mio matrimonio. Voglio fare un figurone. Voglio che la gente dica che sono bello, che sono un bellissimo sposo. Così mi informo. Scopro che il tight è adatto a cerimonie di una certa solennità, ma è un abito da giorno. La versione più blanda è un mezzo tight, ma significherebbe cambiarsi dopo le 18. Potrei ben farlo, per carità, e poi? Smoking? A un matrimonio? Un abito classico? Il tight mi convince e mi starebbe molto bene, scopro anche che posso indossarlo solo se la sposa avrà lo strascico e il velo. Decido di prendere appuntamento e chiedo preventivi gratis. Ci sto prendendo stranamente gusto. Mi rispondono in tre e prendo appuntamento in tutti e tre gli atelier. Farò un figurone. Chiedo a Francesca, per messaggio, se avrà lo strascico e il velo. Lei mi chiama, incazzata come una iena, dicendo che non posso sapere niente di lei, né le scarpe, né il velo. L’entusiasmo si smorza e mi ricordo che io non mi voglio sposare.
Domani però ho appuntamento nel primo atelier alle 15:30. Alle 14 ci gironzolo attorno e spero che il tempo passi in fretta. Alle 15:25 mi rendo conto che non ha nessun senso quello che sto facendo e me ne torno a casa, ignorando il telefono che continua a squillare. Forse dovrei andare da Anastasia e dirle la verità o una bugia, dirle qualcosa. Oppure lascio perdere tutto e mi cancello pure dal sito. Oppure ne approfitto e ci provo con qualche sposa isterica che si vuole sfogare perché è proprio arrabbiata con fm.
Francesca mi chiama, ma io non rispondo perché sto andando da Anastasia. Sarà un addio, un momento di debolezza e poi, quando ci saremo rivestiti le dirò che mi sono sbronzato e che mi sposerò e che non voglio, ma che farò un figurone e che appena avremo le partecipazioni lei potrà farmi da testimone e allora lei mi tirerà uno schiaffo e mi dirà che sono uno stronzo insensibile, come sempre, ma questa volta un po’ di più. Le passerà la voglia di vedermi e io l’avrò salvata.
Oppure me ne frego di Francesca, dei suoi giochetti, dei suoi consigli inutili sul sito delle spose. Posso dirle che io ero sbronzo, che non le ho chiesto seriamente di sposarmi, che mai lo farei. Che probabilmente non l’ho fatto nemmeno per scherzo, che probabilmente mi ha ubriacato lei, per potermi sposare. Ma so che non avrò il coraggio.
Non ti ho chiesto proprio un cazzo!, urlerò, e sono un germanista, miseriaccia! Ma no, è già eccessivo. Le dirò, con molta dolcezza, che ha capito male. Lei piangerà e ci lasceremo così, in maniera adulta, sana, serena. No, forse no. Sarà lei a parlare, come sempre. Mi dirà che lo sa che non le ho chiesto nulla del genere, che voleva sfottermi e un po’ ci sperava. E io la perdonerò e lei perdonerà me. E Anastasia?
Lascio perdere ogni inutile pensiero, saltello sul posto, inspiro, espiro e mi ricordo di essere davanti alla casa di Anastasia.
Suono il campanello, ma niente. Riprovo. E ancora. Sono arrivato tardi. È colpa mia, è morta, per colpa mia. Quando in atelier mi propongono il grigio fumo dico di no. Il blu nemmeno. Voglio il nero. E lo stilista mi dice che il blu mi donerebbe, ma io sono in lutto e mi sposerò in nero.
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In copertina: Kazimir Severinovič Malevič, Cerchio nero, 1915.
Vi consiglio il racconto di Maddalena. L’ho letto con piacere.