Ci sono generi letterari che non attecchiscono ovunque; tra questi, la “microfinzione”. Anna Boccuti, curatrice di Bagliori estremi, rivolgendosi “all’intrepido lettore” (questo il titolo dell’introduzione al libro) parte proprio da qui: da una constatazione di non universalità dei generi, constatazione che potrebbe essere tenuta presente anche quando si affronta il solito discorso sul perché, in Italia, il genere “racconto” abbia poca rilevanza (almeno in ambito editoriale, perché di racconti se ne scrivono), ma qui ci spostiamo in un campo minato meritevole di una trattazione ponderata e complessa che vada ben oltre la tesi “i racconti non vendono”.
Boccuti osserva che la “microfinzione” è genere localizzabile in area sudamericana e Marcella Ruggiero, curatrice di Amori che durano poco, descrivendone la genesi nella introduzione, lo conferma. La minificción, pur potendo risalire a molto prima, viene riconosciuta come genere a sé solo dagli anni Ottanta del Novecento. Essa non è facile da definire, il meglio che si possa fare è accostarla ai frattali:
“[…] le microfinzioni sono come i frattali, oggetti geometrici presenti in natura la cui struttura si replica in tutte le scale. In essi le sottostrutture ripetono tutta la complessità della figura generale, mantenendo un legame di autonomia e, nello stesso tempo, di interdipendenza con l’unione della parti.”
(Ruggiero, Introduzione a Amori che durano poco, p. 14)
Nella microfinzione convergono brevità e totalità. Prendiamo questa di Leandro Hidalgo:
“Desiderio
Non ha mai visto il mare, ma gli hanno detto che è come il cielo diafano. Allora si arrampica su una sedia e stende le braccia, ma niente, e allora chiude anche gli occhi, e gli si bagnano le mani.”
(Bagliori estremi, p. 123)
Altri elementi che contraddistinguono il genere sono: legame inscindibile del titolo col testo, ironia, lirismo, intertestualità, metanarrazione, circolarità.
Amori che durano poco è strutturato in sette sezioni che vogliono descrivere-interpretare la parabola dell’amore-passione, dal legame esclusivo al disincanto: amore ponte/ amore-punto; fascinazione; la piccola morte; vincoli; tradimento e ossessione; disamori e disincanti; ipotesi di apoteosi.
Gli autori, tutti dell’area ispanoamericanoa, sono ventitré: Gabriela Aguilera, Pía Barros, Eduardo Berti, Raúl Brasca, Rosalba Campra, Miguel Gomes, Rogelio Guedea, Fernando Iwasaki, Gabriel Jiménez Emán, Ethel Krauze, María Rosa Lojo, Eugenio Mandrini, Diego Muñoz Valenzuela, Andrés Neuman, Armando Páez, Roberto Perinelli, Eduardo Ramos-Izquierdo, Nanim Rekacz, Juan Romagnoli, Ana María Shua, Pablo Urbanyi, Luisa Valenzuela, Fabián Vique.
Una tale molteplicità di scrittori e di microfinzioni (sessantasei), a una lettura rapida, può produrre un effetto di “perdita dell’autore”, una sorta di smarrimento nella nebulosità delle diverse voci narranti, sicché è consigliabile indugiare nei testi a ritmo lento, anche perché la compressione delle storie è simile alla compressione emozione-idea-storia-ecc. della poesia: la brevità estrema richiede che l’occhio e la mente si soffermino su ogni minuzia.
Un ulteriore effetto è la difficoltà a lasciarsi coinvolgere dal principio (dopo, ci si immerge con piacere), perché meno interessante è l’altrui amore in quella fase iniziale, esaltata, per lo più del tutto positiva, dell’innamoramento, e più interessante, al contrario, quando subentrano elementi di conflitto: seduzione, lotta, tradimento, prossimità della fine. La bellicosità insita nell’amore-passione è tale da aver ispirato, a Michel Leiris, l’accostamento coito-tauromachia:
“Nel passaggio tauromachico, come nel coito, si assiste a un’ascesa verso la pienezza (avvicinamento del toro), poi al parossismo (il toro che s’immerge nella cappa sfiorando con il corno il ventre dell’uomo con i piedi ben saldi); infine la separazione dei due attori, la divergenza dopo l’intimità del contatto, la caduta, lo strappo.”
(Leiris, Specchio della tauromachia e altri scritti sulla corrida, p. 35)
Denis de Rougemont ci ricorda che «fin dall’Antichità i poeti hanno usato metafore guerriere per descrivere gli effetti dell’amore naturale» (L’Amore e l’Occidente, p. 300).
L’amore-lotta è estremizzato da Raúl Brasca attraverso il tòpos della vagina dentata:
“Oralità
Lo desiderava come nient’altro al mondo. Quando lo ebbe nudo sopra di lei, lo addormentò con il suo respiro e aprì l’enorme mascella di serpente nascosta nel suo sesso. Con gli occhi chiusi, sentì secondo dopo secondo come lui entrava. Fin quando non gli scivolò tra le braccia, fin quando il suo peso di uomo fu niente, fin quando non fu entrato totalmente. Dopo, lo metabolizzò come gli altri.”
(Amori che durano poco, p. 67)
Se Roland Barthes sosteneva l’impossibilità di esprimere-scrivere l’amore, e cioè «il guazzabuglio del linguaggio: quella zona confusionale in cui il linguaggio è insieme troppo e troppo poco, eccessivo (per l’illimitata espansione dell’io, per la sommersione emotiva) e povero (per i codici entro i quali viene costretto e appiattito l’amore)» (Frammenti di un discorso amoroso, p. 185), l’antologia Amori che durano poco, al contrario, conferma le infinite possibilità di superamento del problema che offre la narrazione.
Dell’amore che non si può dire si dice in questa antologia tanto ma non abbastanza: tentativi esplorativi, casi, calano un immaginario labirintico e sconfinato in una foresta di bonsai, le microfinzioni appunto, dando l’illusione, tramite una struttura solida e ponderata, di un disegno perfetto laddove la dialettica illusione-disillusione è una costante.
Bibliografia:
AA. VV.
Amori che durano poco. Microfinzioni
Traduzione e cura di Marcella Ruggiero
Revisione di Livio Santoro
Salerno, Arcoiris, collana Gli Eccentrici, 2016
pp. 156
AA. VV.
Bagliori estremi. Microfinzioni argentine contemporanee
Traduzione e cura di Anna Boccuti
Salerno, Arcoiris, collana Gli Eccentrici, 2012
pp. 184
Roland Barthes
Frammenti di un discorso amoroso (1977)
Traduzione di Renzo Guidieri
Torino, Einaudi, 1979
pp. 218
Michel Leiris
Specchio della tauromachia e altri scritti sulla corrida
A cura di Catherine Maubon
Traduzioni di Carlo Pasi e Alfredo Salsano
Torino, Bollati Boringhieri, 1999
pp. 166
Denis de Rougemont
L’Amore e l’Occidente (1939)
Traduzione di Luigi Santucci (Post Scriptum tradotto da Maria Grazia Meriggi)
Introduzione di Armanda Guiducci
Milano, Rizzoli, 1977
pp. 494
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In copertina: Man Ray, The Kiss, 1935.