Le traduzioni, il ritorno di Mr. McMetis – ultimamente la vita qua a Crapula ribolle. E non è finita. Oggi, proponiamo una nuova rubrica, l’Anonimo del Sottile, in cui andremo a ripescare e rivedere frammenti, pezzi di autori di ogni epoca che hanno, nella nostra esperienza in relazione alla scrittura (in fondo conta solo quella), lasciato un marchio, una traccia.
Tra quelli che oggi si danno da fare coi seminari di scrittura creativa (una fabbrica di brick-Baric) e quelli che invece si ostinano a fare di quella, la scrittura, mera ispirazione, proponiamo uno sguardo diverso – uno che non tema la techne come tale, ma che al contrario l’abbracci, la faccia sua. In fondo, solo un idealista (un nichilista) può interpretare la techne come un’obiezione (Vive la technique!).
I primi oggetti di tale sguardo saranno, nei prossimi giorni, Catullo (a cura del manchego Turris Alonso Quijano) e Sallustio (qui invece il sottoscritto arabica 100%).
Disclaimer: non si vuole, con questa rubrica, riprendere o approfondire il discorso ontologico sulla scrittura e/o sul linguaggio (cfr. Derrida, La scrittura e la differenza; o Heidegger, In cammino verso il languaggio, tra gli altri); al contrario, si vogliono riassaporare le tracce da una prospettiva retorica: analizzare figure, allargare fessure e guardare da più vicino (ce n’est que des voyeurs) l’arte della scrittura. In questo senso, non ci interessano (non sono punto focale dello sguardo) le pur abissali differenze tra la parola scritta e quella orale, tra un’epoca (un mezzo) ed un’altra. È Crapula stessa che si fa classica e impone un punto di fuga.
A voi di goderlo, ora – e buon shabbath, quandunque che sia. Non sia mai.