Alla memoria di Aldo Ferraris, uomo e poeta.
Centinaia di persone se ne stavano in piedi, sotto la pioggia, davanti al mare dove Ciro Di Marzio era stato ucciso da Genny Savastano. Aspettavano che tornasse dalle acque, lo aspettavano da mesi, nessuno andava via anzi ogni giorno il numero cresceva e ripetevano che le bollicine che uscivano mentre Ciro affondava fossero di un uomo ancora vivo.
Ogni tanto, quando il mare si increspava in maniera insolita, c’era chi gridava “Eccolo!” Tutti cercavano ansiosi il punto giusto, tutti vi si affannavano, poi tornava lo scoramento.
Una decina di sommozzatori si era tuffata nella speranza di trovare almeno il corpo, ma la gente li insultava: “Non è morto! State perdendo tempo!”
In lontananza galleggiavano numerose barche con uomini e donne pronti a riprendere con lo smartphone l’emersione di Ciro Di Marzio. Nessuno si arrendeva all’ipotesi della sua morte, era Ciro L’Immortale, non poteva certo essere stato un banale colpo di proiettile sparato in chissà quale punto del corpo a ucciderlo, se Genny avesse voluto farlo fuori davvero bastava sparargli alla testa. I più acuti ipotizzarono che sott’acqua, ad aspettare Ciro, ci fossero gli uomini del clan Savastano.
Un mattino, però, avvenne qualcosa di clamoroso.
Dall’acqua, come un pezzo di polistirolo, emerse oscillando un uomo vestito anni Trenta: nuotava verso la riva, sbuffando piano, tenendo la testa bassa, impacciato, forse infastidito dalla gente. Quando si approssimò agli scogli, i vestiti – un completo grigio con una cravatta stretta al collo – sembravano asciutti. Un’onda lo sollevò su uno scoglio. L’uomo era smilzo, iniziò a muoversi con andatura incerta; da vicino si notavano i capelli nerissimi, la carnagione scura, le gote lievemente scavate, gli occhi scintillanti: nell’insieme, l’aspetto di un saraceno. Le persone, deluse, distolsero subito l’attenzione dallo sconosciuto per rivolgersi di nuovo verso il mare. L’uomo, piuttosto piccolo, la bocca gonfia per la dentatura grossa e storta, biascicando qualcosa in siciliano si avvicinò a una donna che in mano aveva la foto dell’attore Marco D’Amore, l’interprete di Ciro: disse di essere caduto in mare da una nave, di essere un fisico e di chiamarsi Ettore Majorana. La donna, dopo aver ascoltato il resto della sua storia, entusiasta, lo convinse a dare ripetizioni di matematica a suo figlio Gerardo. Nessun altro si accorse dell’omino scuro che si allontanava con la signora: gli diceva che se era tornato lui dal mare, dopo tanti anni, allora c’era speranza pure per Ciro Di Marzio.
Passarono anni, decine di famiglie continuarono a portare con la barca i loro bambini nel punto in cui era caduto L’Immortale per battezzarli, era una processione continua, i preti stessi rimanevano ore sulla scogliera, in spiaggia o sulle imbarcazioni in attesa che Di Marzio riapparisse. Napoli, da quando Ciro era stato ucciso e la serie Gomorra chiusa, risultava, nella classifica del Sole 24 ORE, la città più buona del mondo, piazzata davanti a Città del Messico e Nairobi: i delitti erano diminuiti, la camorra sconfitta, i furti cessati.
Intanto Genny Savastano era entrato in un convento abruzzese, pentito per i suoi omicidi ed Enzo “Sangue blu” gestiva una casa di riposo a Licola. Ma la gente no, non si rassegnava ancora alla morte di Ciro, ogni domenica in chiesa pregava e sperava nella resurrezione. Degli uccelli volavano irrequieti da un posto all’altro, un leggero vento soffiava sul metallo di un ponte in disuso, in lontananza si vedevano fabbricati, cavalcavia, ponti, lampioni che costringevano la città a spingersi oltre. La convinzione era che se Ciro fosse risorto la serie televisiva sarebbe ripresa, nonostante alcuni, intanto, fossero morti e altri accompagnassero i malati a Lourdes. Ogni tanto qualcuno invocava il ritorno dal regno dei morti di Salvatore Conte, di Imma e Pietro Savastano, di Zecchinetta, di Tonino Spiderman, di Malammore e di Scianèl, ci furono contrasti su ‘O Track, non tutti ritenevano necessaria la sua resurrezione; ma erano questioni oziose, perché a mare c’era finito solo Ciro Di Marzio, gli altri erano stati uccisi sull’asfalto o sul pavimento. Solita morte.
La zona d’acqua venne interdetta al passaggio dei traghetti e alla pesca, delle boe rosse segnalavano che nessuno poteva più passare di lì.
Una sera si presentò un certo Lello Almirante con un bossolo arrugginito affermando di averlo ritrovato nella sabbia: sostenne che si trattasse del proiettile che aveva ammazzato Di Marzio. I pianti di donne e di uomini furono altissimi, i bambini si spaventarono, il giorno, non potendone più di quel teatro, convocò d’urgenza la notte che fece addormentare tutti. Qualcuno, stanco di quegli anni, abbandonò la zona, il mare continuava a essere o calmo o agitato ma nulla veniva fuori; c’era chi, invece, ancora resisteva nella speranza ultima di dare a Ciro un funerale cristiano e prepararlo alla santa resurrezione.
I giovani avevano inventato il tuffo alla Ciro Di Marzio: due ragazzi si guardavano l’uno con l’altro sul ciglio di uno scoglio, poi si abbracciavano, chiudevano gli occhi e uno dei due teneva il collo dell’amico, poi si sentiva uno sparo finto (o un battito di mani da parte di chi guardava); a questo punto il ragazzo colpito cadeva in acqua a candela senza muoversi, lasciandosi infine scivolare a mare, scomparendo. L’altro, quello che recitava Genny, si tuffava subito dopo, immergendosi alla ricerca dell’orecchino di Ciro Di Marzio: che però non venne mai trovato.
Passò ancora altro tempo, Napoli si confermava la città più buona del mondo, i santi venivano a vivere a Posillipo e a Bagnoli e cominciarono a pregare per l’epifania del boss ucciso, come annuncio della imminente Venuta del Risorto. In quel tratto di mare fu fatta la proposta di prosciugare l’acqua così da cercare nel fango il corpo di Ciro, ma i costi risultarono insostenibili. Non accadde nulla, ci furono solo mareggiate, bonacce, tempeste. Fu così che decine di persone si spostarono verso Gianturco, dove erano state girate le ultime scene di Gomorra, per portarsi a casa dolly, telecamere, carrelli, peewee, stativi, butterfly, proiettori, monitor, giraffine, radiomicrofoni, steadycam, solo che, ai primi furti, l’intera area venne presidiata dai militari che arrestarono tre anziani mentre stavano portando vie delle cuffie; si disse in seguito che l’area era stata messa sotto controllo per evitare che il male fuoriuscisse, infettando di nuovo l’intera città.
La spiaggia e gli scogli si sfollarono, molti morirono di vecchiaia, i bambini diventati adulti, si rasarono i capelli per somigliare a Ciro.
Fu quello il momento.
All’alba, gli angeli fecero premura a Ciro Di Marzio che se ne stava nascosto nel punto di mare più profondo, l’Acqua Ombra, quella che sfugge agli uomini, dicendo: “Su, prendi tua moglie e tua figlia, esci per non essere travolto dalla collera”. Di Marzio indugiava, non sapeva dove fossero Deborah e Mariarita. Gli angeli, come gli uomini, speravano in un grande atto di misericordia del Signore verso di lui. Ciro, schiacciato dalla tenebra dell’Acqua Ombra, preferì il castigo.
Visionario ed esaltante come sempre. Il racconto è folle ma dice una grande verità:Napoli è la città più buona del mondo!