Roberto Bolaño è azionista di maggioranza del CrapulaClub e dorme con noi (di mattina) in Via Gran de Mantis 10, 24810, Vacca Pezzata.
Il presente dossier è dunque aperto e atemporale come la merda.
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Nel continuo tentativo di riposizionamento rispetto all’ignoto di Federica Arnoldi
El gaucho insufrible: storia di un’ambigua attribuzione di Alfredo Zucchi
Come un samurai – Marcelo Damiani intervista Roberto Bolaño – traduce Francesca Regni
Ammesso che un tema si dia di Oscar Amalfitano (media Andrea Zandomeneghi)
Le altre appropriazioni di Borges e Bolaño di Jorge Carrión, traduzione di Sebastiano Iannizzotto
In essi si nasconde il segreto del mondo: Alfredo Zucchi traduce senza alcuna licenza una nota alla prima edizione di 2666 a cura di Ignacio Echevarría
L’asino: traduce e introduce Sebastiano Iannizzotto
Il crogiolo di Luca Mignola
Arturo Belano is everywhere di Alfredo Zucchi
La vera storia dell’Anonima Bolagnisti di Delio Salottolo
La playa di Sonora di Sebastiano Iannizzotto
BBC di Andrea Meregalli
Lo sclero circolare di Alfredo Zucchi
Glorious Friday di Alfredo Zucchi
Il cassettino segreto di casa Bolaño di Alfredo Zucchi
Cari amici Bolqgnisti Anonimi, come piccolo omaggio alla vostra buona volontà e devozione al nostro amato Poeta, vorrei offrvi offro una piccola sinossi aka spoilerata di Sepulcro de Vaqueros, il libro di racconti di Bolaño recentemente uscito in spagnolo ma non ancora tradotto in italiano. In realtà, il libro non è esattamente un capolavoro: gli editori stanno cercando di spremere lo spremibile dal fenomeno Bolaño, tant’è che questo libro contiene tre racconti, ma tutt’e tre incompleti. Eppure, pagine che squarciano le tenebre con una luce ancora più oscura se ne trovano anche qui.
Il primo racconto si intitola Patria. Un racconto, in certi momenti, davvero molto molto duro, forse anche più macabro e violento di certi passaggi di 2666. Qualcosa che, come dicevo, gli editori spacciano per un racconto, ma che, in realtà, sembra essere qualcosa di molto più ampio. A mio avviso, infatti, è abbastanza palese che si tratti della bozza di un romanzo al quale Bolaño stava lavorando. In questo ‘racconto’, c’è un ragazzo cileno idealista che declama poesie a amici e parenti, e che si chiama Belano, ma non è l’Arturo Belano dei Detectives Selvaggi e di tutti gli altri racconti, perché questo si chiama Rigoberto. C’è una ragazza, il primo amore di Rigoberto Belano, che muore nel fiore degli anni. C’è il colpo di stato di Pinochet. C’è un poeta (un altro – forse?) che abbandona la poesia e diventa un criminale internazionale (chissà se Bolaño conosceva quella teoria secondo cui I Fratelli Karamazov sia, in realtà, un romanzo incompleto e che nell’ultima parte, che Dostoevskij non riuscì a scrivere, Aliosija avrebbe abbandonato la via monastica per diventare un terrorista). C’è la descrizione chirurgicamente spietata del male causato dall’amore. Infine, c’è qualcosa di strano e indecifrabile che accade a due signori francesi, o meglio, a uno dei due, la mattina presto, alla stazione del treno, dopo una notte di bagordi. E c’è anche un fantasma. Il ‘racconto’, ribadisco, da solo non si regge, perché incompleto e perché, insisto, sicuramente è parte di un progetto più ampio. È un vero peccato che Bolaño non sia riuscito a portarlo a termine, questo progetto, perché, dopo aver scritto così tanto sul Messico, credo che questo Patria avrebbe potuto essere il suo “grande romanzo cileno”. È però interessante provare a ricostruire i meccanismi narrativi che Bolaño costruiva per sé e distruggeva per gli altri, giocando con tutta la serietà del mondo. E poi, alcune grandi pagine, in Patria, ci sono.
Gli altri due racconti sono meno coinvolgenti.
Il secondo, quello che da il titolo alla raccolta, vede come protagonista il solito Arturo Belano, da ragazzo, in Cile. Racconto semi- (o pseudo-) autobiografico, sembra il background del celebre personaggio/alter ego di molti lavori di Bolaño, ma non aggiunge nulla di nuovo a quello che già era stato scritto in proposito.
L’ultimo racconto, il più breve di tutti, Comedia del horror de Francia, è un divertissement surrealista che un po’ omaggia e un po’ fa il verso a Breton. Ci sono strane chiamate telefoniche, società segrete e parole d’ordine. Raffazzonato, ma divertente.
Prima o poi, ne sono certo, lo tradurranno anche in Italiano. Intanto, v’ho venire l’acquolina in bocca.
Un saluto a tutti voi, amici Bolagnani anonimi!
Vincenzo