Alcuni tra questi sono slogan “veri” del C. I.
– altri sono solo destinati a scatenare apprensione
e equivoci nel pubblico.
Omnia haec, quacumque feret voluntas
Caelitum, temptare simul parati.
E io francamente non amo abbastanza la specie umana
da augurarmene la salvezza. Basta che mi ascoltino
i miei fratelli, che almeno loro sfuggano
all’inganno dell’antitecnocrazia.
Domani: la crisi del collage invece della crisi del romanzo.
- Canto gravitazionale[1]
Al di sotto della palude di Memoria, si precipita. L’iniziato dimentica.
In principio fu la legge di gravità. Poi: l’ironia del prendiamo ad esempio il caso.
Sul fondo, una porta chiusa, ma senza cardini. Chiunque potrebbe aprirla, chiunque non ci riuscirebbe. Nessuno la sorveglia, la terra è desolata, migliaia di altri dispersi – ombre, ombre di ombre, voci, mormori, sussurri, echi – niente è definito. Qui, canta l’iniziato:
IO SONO la gioia dinanzi alla morte.
La gioia dinanzi alla morte mi trascina.
La gioia dinanzi alla morte mi precipita.
La gioia dinanzi alla morte mi annienta.
(Silenzio)
Mi perdo così lentamente in uno spazio inintelligibile e senza fondo.
Raggiungo il fondo dei mondi
Sono divorato dalla morte
Sono divorato dalla febbre
Sono assorbito nello spazio buio
Sono annientato nella gioia dinanzi alla morte.
(Silenzio)
Per il fatto
che io nasco
gestando
dalla mia forza
episodica e fratta
io ho smesso di
abitare
(Silenzio)
Dimentica.
- Lettera di un membro agli altri membri della Congiura Sacra[2]
Caro C. I.,
avevi chiesto un’utopia pratica e attuabile – eccola, non una pura fantasia post-olocausto, nessun castello sulle lune di Giove – e dappertutto grovigli da sciogliere: produzioni di soggettività che sfuggono ai poteri e ai saperi di un dispositivo per reinvestirsi in quelli di un altro, sotto nuove forme che ancora devono nascere – un piano che potremmo iniziare domani – eccetto che ogni suo singolo aspetto vìola questa legge, rivela qualche assoluto tabù della società dei dispositivi, minaccia il tessuto vero e proprio ecc. Da un certo punto in là non c’è più ritorno. Questo è il nostro vero desiderio – è questo il punto da raggiungere. Mi concedo la digressione: il momento decisivo dell’evoluzione umana è, in quanto «noi» abbandoniamo il nostro concetto di tempo, sempre in corso. Perciò hanno ragione quei movimenti spirituali rivoluzionari che dichiarano insignificante tutto ciò che è avvenuto prima, perché in effetti nulla è ancora avvenuto. Ripeto: questo è il nostro vero desiderio e per ottenerlo dobbiamo contemplare non solo una vita di pura arte ma anche di puro crimine, pura insurrezione.
Concludo adunque che, variando la formula e stando li uomini ne’ loro modi ostinati, sono felici mentre concordano insieme e, come discordano, infelici.
Incipit comoedia
[1] Le pratiche orgiastiche che tradizionalmente sono state riconosciute, perché documentate, tra i vari membri (la parola, l’ambiguità, l’ironia) di un culto o di una setta, nel ristretto cerchio – nel punto si potrebbe dire? – della Congiura Sacra non hanno luogo. I membri stessi della Congiura (che ricordiamo non è culto né setta) non si conoscono tra loro, non immaginano neppure chi è l’uno e chi l’altro. Il canto – questo canto – è l’unico legame.
[2] Anche se “vasi non direttamente comunicanti” i membri del C. I. si scrivono lettere, recapitate a indirizzi improbabili. I lettori, si sa, quelli sono dovunque.