Per un ripensamento. Quale sarebbe l’arma di difesa del nichilista di fronte alla beffa del dramma digitale-satiresco?
Distopica 1. Oppure? Il porto di notte: la visione: in containers scrostati, arrugginiti, carrelli abnormi guidati da uomini intabarrati in armature di pile blu, intrattenendo con i loro cigolii meccanici e stridenti le orecchie dei terminalisti, stanno stivando il mondo (qualsiasi merce significa mondo), per trasferirlo da un’altra parte (documenti doganali allegati).
Distopica 2. 2016. Non si può essere più soli di una cabina telefonica.
Distorsione (dalla rete). Parla l’Ultras – morfema col quale si designa il critico digitalizzato e proiettato in rete. Tesi. Juan Maria Brausen lo associo a Adamo. A questo punto Onetti sarebbe tipo dio. Recusatio. A questa affermazione segue la seguente accusa: indimostrabilità della tesi per carenza di prove; e una richiesta di proscrizione. Abiura: più propriamente quindi Adamo potrebbe essere interpretato da Diaz Grey (che se fosse stata ammessa la prima tesi, avrebbe potuto essere un Abele o un Caino o una proiezione di Brausen/Adamo, restando dunque se stesso) e dio da Juan Maria Brausen. Verdetto. Ciò che conta è che Onetti non è esistito o era un robot.
Profezia di K (sogno). K. è morto. Trionfo del villaggio. Morto K., resta Klamm. Morto K., Klamm non ha più bisogno di minacciare un’apparizione; sa che al villaggio bisogna lasciare credere nel suo fantasma, perché tutto ciò che è osceno, disturbato, mostruoso, possa proliferare in sua assenza. Il mondo si è adeguato al Castello. Klamm allora scompare. E qui finisce il sogno e comincia l’incubo di Ligotti che può essere esteticamente sintetizzato da queste parole di Elias Canetti: Il morire è dunque una lotta fra nemici di forze disuguali. Le grida che si lanciano, le ferite che ci si infligge nel lutto e nella disperazione, sono forse intese come espressione di tale lotta. Il morto non deve credere d’essere ceduto facilmente: per lui si è combattuto. (E. Canetti, Massa e potere, Adelphi, pag. 80)
Giuda o Barabba? Un poeta scrisse: «Giuda libero». Dieci milioni di copie vendute.
Da un Mante all’altro. L’altra sera al telefono con Alfredo si parlava di 2666 di Bolaño, tra le varie cose il Mante mi dice che Bolaño “gli fa venire voglia di scrivere”. Ok, dico, è tardi, la testa mi frigge, ci penso. Il giorno dopo questo pensiero è già cresciuto, è diventato un tarlo, che scava e nidifica. Sfoglio La vita breve di Onetti, il primo libro che mi capita sotto gli occhi. Nella prefazione trovo una citazione a un’intervista concessa a Eduardo Galeano, Onetti dice: Ho letto alcune pagine di Faulkner che mi hanno lasciato la sensazione dell’inutilità di continuare a scrivere.
Così mi dico di giocare a stilare una breve lista di autori che invogliano a scrivere, e di altri che invece sono in parole nietzschiane “impossibili”.
Mi avvarrò del latino per le categorie, perché mi sento più morto che vivo. A ciascuno dunque la sua lingua.
Scriptores qui increscunt in me desiderium scribendi – in ordine sparso: Omero, F. Nietzsche (in particolare il suo dramma satiresco in tre movimenti: Crespuscolo degli idoli, Anticristo, Ecce Homo), F. Kafka, R. Bolaño (in particolare sul tratto breve), A. Rimbaud, W. Borroughs (rileggere Pasto nudo dopo 10 anni assomiglia molto a un corso di “teoria del massacro”), J. C. Onetti, C. Baudelaire (Quadri di Parigi), J. L. Borges (Finzioni, probabilmente il perfetto libro di racconti), P. K. Dick, A. Moresco, Senofonte, E. Pound, L. F. Céline, A. Cechov.
Impossibilia – in ordine sparso: E. Hemingway, J. P. Sartre (che un uomo tale abbia scritto è un’idea con la quale non riesco a conciliarmi), I. Calvino, P. P. Pasolini (o della Imitatio Christi), E. Sanguineti (solo un maestro di grammatica), D. F. Wallace, DeLillo (verso i quali ammetto uno scrupolo, una riserva), M. Parente (scrittore e giornalista: diventare ciò che si esecra), G. Meacci (vedi Pasolini, sostituisci a Cristo – Pasolini), P. Citati (vedi Sanguineti, sostituisci a grammatica letteratura).