Un’istantanea tesa e sospesa: niente precede, niente può seguire. Una tragedia del silenzio, che si è consumata prima. Ma ciò che è accaduto prima e ciò che sta per accadere, un ingombro continuamente alluso e fatto metafora, occupa tutto il presente del dialogo. È una rimozione. È il non detto intorno al quale ruota la conversazione tra i due. Aspettano un treno in una stazione imprecisata tra Barcellona e Madrid. Bevono e l’aria sa di liquirizia e assenzio. Una progressione, un singhiozzo, con squarci che non fanno in tempo ad aprirsi e subito si chiudono. Nei momenti di pausa la tensione si allenta, ma è un’apparenza. Jig deve abortire, l’americano la rassicura. Eppure quando arriverà il treno, sarà perduta ogni possibilità di futuro. Qualcosa che è nell’imminenza di accadere, ma da cui il lettore è tagliato fuori. Qualcosa da cui i personaggi stessi sono esclusi. Il finale si nega, diventa liquido. Ma è proprio la chiusa a renderlo poetico e tristissimo.
(Qui potete leggere il racconto di Ernest Hemingway Colline come elefanti bianchi)
Questo racconto l’ho letto molti anni fa. La vostra recensione me lo riporta alla mente con la stessa emozione di allora. E, sempre a proposito della recensione, vi trovo la conferma di una mia forte convinzione mai venuta meno nel tempo, vale a dire che “il non detto” in letteratura è l’essenza stessa di ciò che viene narrato. Ricordate ‘Un posto pulito e illuminato bene’ dello stesso Hemingway?
A proposito di racconti, avete magari in programma di occuparvi di ‘Piccoli animali senza espressione’ di DFW? Ne varrebbe la pena.
Vi seguirò.
Grazie Enrico. DFW fa parte delle nostre ossessioni (ne bene e nel male), in particolare di quelle di Agathe, autrice di questa recensione, proveremo a ripescare ‘Piccoli animali senza espressione’.
Quanto al non detto – a volte uno dimentica quanto estremo ha saputo essere Hemingway, e con quanta ragione. Saluti
Ciao Enrico, ti ringrazio per i tuoi suggerimenti e mi scuso per il ritardo nella risposta (problemi di connessione irrisolti). In realtà il non detto di “Colline” mi ha riportato a Carver e ad alcuni racconti della raccolta “Di cosa si parla quando si parla d’amore”, in particolare “Mirino”. Qui questo non detto è catalizzato da una serie di oggetti: la Polaroid, il tetto, i sassi, qualcosa di simile, ma attraverso stratificazioni talvolta insondabili, accade in alcuni film di Lynch. A proposito di “Un posto pulito e illuminato bene”, rinvio a E. Hopper Nighthawks che puoi rivedere qui http://upload.wikimedia.org/wikipedia/en/4/4a/Nighthawks.jpg
per DFW c’è tempo.
a presto
agathe
Grazie ad Agathe e Alfahridi per l’attenzione. Dialogare su questi temi e sempre piacevole.
Di Carver ho letto e apprezzato pressoché tutto. Il suo “less is more” è una sorta di manifesto di grande forza espressiva.
In merito al dipinto di Hopper non riesco a trovare parole adatte per dire quanta stupefacente intensità sappia trasmettere. Peccato che alla mostra del pittore allestita qui a Milano due o tre anni fa vi fossero esposte solo sue opere minori (mancava perciò quel dipinto e anche un altro, altrettanto intenso, che raffigura l’ambiente di un distributore di benzina).
Il mio debole per DFW (che, ammetto, presenta non poche ambiguità nei suoi scritti) mi induce a sperare che non aspettiate troppo.
Keep in touch.
Enrico