…ancora mi durano oggi […] le vestigia evidentissime degli affetti passati,
ai quali non manca per ridar su altro che l’occasione.
[G. Leopardi, Zibaldone di pensieri]
Poi arriva, all’improvviso, e tutti gli strani pezzi di incomprensibilità non visti o non voluti vedere cominciano a girare nella testa e a ricomporsi, uno alla volta, due alla volta, rappresentando un’immagine già intuita ma che non avresti mai voluto aspettarti, che tutto sommato non ti aspettavi, non pensavi ci fosse davvero.
La Fine Del Rapporto.
La Fine Del Rapporto arriva di mattina, mentre sei seduto in poltrona davanti al monitor, dopo il caffè, dopo la colazione. Arriva con te che chiedi quale sia il problema e lei che non vuole parlare e vuole aspettare che vi vediate ma non si può aspettare e allora lei piange a più di cinquecento chilometri di distanza, prova a spiegare, gesticola nello schermo. Poi vi promettete di parlarne a quattr’occhi, sorridete entrambi non sapendo come salutarvi in quest’occasione, optate per un “Cordialità”, vi rispondete con un “Ossequi”. Poi lei non è più lì e, al suo posto, c’è La Fine Del Rapporto. È un grosso essere nero, somiglia a uno dei “Critters”, gli alieni di una serie di vecchi film di merda che guardavi da bambino in vhs. La Fine Del Rapporto è tonda, pelosa, ha gli occhi completamente neri e la bocca larga, fitta di denti aguzzi e storti. Prende a camminare per la stanza, è grassa, ingombrante, fa cadere le cose dai mobili. La osservi. Lascia una scia di muco traslucido al passaggio, come la bava di una lumaca, che inzacchera il pavimento. Sai che da quel momento te la devi portare dietro.
È il tuo giorno libero dal lavoro e così resti seduto in poltrona nell’angolo di salotto che costituisce la tua safe-zone, l’unico punto della casa in cui c’è il wi-fi, dove hai posizionato il pc e la Play Station. Alla parete sono appesi molti quadretti con ritratti d’epoca: gli antenati della tua padrona di casa, probabilmente. Tra loro, una bellissima donna fotografata di profilo con vestiti dell’ultimo Ottocento somiglia a una brigantessa: in effetti sembrano tutti criminali. Uno dà l’impressione di essere stato fotografato dopo morto, un vecchio. Senti che, in cucina, La Fine Del Rapporto ha fatto cadere qualcosa di vetro che si è rotto, forse una delle confezioni di bicchieri nuovi che la padrona di casa ti ha regalato. Guardi le foto e ti domandi quanto tempo potrebbe metterci, in media, un comune calcolatore umano a processare e archiviare sette anni di vita, deframmentando tutti i minimi particolari disseminati ovunque e zippandoli in una cartella compressa da consultare ogni tanto o non consultare, per lasciare spazio ad altro. La Fine Del Rapporto è tornata accanto a te, si fa spazio davanti al pc, entra su YouTube e cerca una canzone. È Nothing Compares to You, l’interpretazione dal vivo, in acustico, di Chris Cornell. Ascolti la voce straziata e straziante di Cornell e pensi a tutta la solitudine che deve aver provato nel momento in cui ha deciso di impiccarsi con un elastico per gli allenamenti casalinghi. La Fine Del Rapporto ti sta porgendo qualcosa, mentre allarga il sorriso iperdentato da Critter. È un fazzoletto. Lo prendi e inizi a piangere come un bambino. Durante i tre giorni successivi perderai il conto di quante altre volte ti sarà capitato.
Ne parli con tutti, a partire da tua madre che ti chiama dieci minuti dopo La Fine Del Rapporto, per via di quelle cose telepatiche che hanno le madri. Ne parli con Zannelli, che si è trasferito a Cesena da Aversa una settimana prima di te e lavora in segreteria (è lui che ti ha convocato a scuola, alle otto del mattino, mentre facevi colazione con lei, e siete diventati amici già per telefono). Ne parli con Liardo, il tuo collega docente di lettere con cui ti vai a fare gli aperitivi, insieme a Zannelli. Ne parli col tuo amico scrittore Massimiliano, che sta a Roma e vuoi tornare a trovare da un sacco di tempo. Ti rendi conto di essere diventato l’amico che annoia tutti parlando della sua storia finita e ti viene in mente uno dei meme nichilisti che pubblichi su Instagram, il particolare di un dipinto medievale o, forse, di un quadro di Bosch. Nell’immagine c’è uno che sta subendo un’operazione alla testa e, di fianco, un altro con una fiaschetta in mano e l’espressione accigliata, che sembra stia parlando in modo acceso. La didascalia, in inglese, dice: “Quando provi a farti lobotomizzare in pace ma quell’ubriaco marcio di Gary si lamenta della moglie… cazzo, Gary, se ti importa tanto divorzia, sto provando a farmi fare ‘sta lobotomia e tu continui a rovinare l’atmosfera”. In sostanza, ti sei trasformato in Gary. Fa niente, ti dici, vaffanculo, non chiedi mai nulla a nessuno e ora hai bisogno di tutti e tutti ti staranno ad ascoltare, anche le persone che conosci da un mese e a cui hai detto aiutatemi, così gli hai detto, mi dovete aiutare, io da solo in casa non riesco a starci per più di dieci minuti, poi impazzisco. La Fine Del Rapporto ti guarda con pietà, seduta sulla poltroncina di fianco alla tua. Scende aiutandosi con le zampette corte e nere, si avvicina e si arrampica sul bracciolo, ti sussurra all’orecchio che sei un povero sfigato.
Dici a tutti le stesse cose, riavvolgi il nastro e ricominci da capo, come se stessi recitando un mantra pieno di contraddizioni, incomprensione, dolore, solo per vedere la verità in modo più netto, ripetendola mille volte, sempre uguale. Massimiliano, insieme a tua madre, è quello che si preoccupa di più. Gli mandi lunghissimi messaggi vocali in cui confessi di sentirti come in un videogioco, di quelli in cui lo schermo scorre in avanti e, se il personaggio si ferma, rimane inghiottito dal futuro che in un attimo diventa passato. Oppure come nel film Speed, col poliziotto belloccio che guida un pullman e non può scendere al di sotto delle 50 miglia orarie o salterà per aria: sei terrorizzato dai momenti morti tra una situazione sociale e quella successiva, fai di tutto per riempirli. Mentre parli con Massimiliano, ad esempio, sei in giro per il centro, fingendo di dover comprare una bottiglia di vino per un pranzo domenicale a casa di Liardo, al quale ti sei autoinvitato per non restare solo.
Massimiliano, tra l’altro, si chiede come stia lei.
Gli rispondi che te lo chiedi anche tu, continuamente, ma non te la senti di chiamarla per assicurartene, sarebbe così strano da parte tua, poi saresti costretto a rispondere alla sua domanda di ritorno e dirle che sei piegato in due, che i tuoi maggiori sforzi sono incentrati sul reggerti in piedi ed evitare di scoppiare a piangere mentre fai lezione o di fissare il vuoto quando qualcuno – un collega, un alunno – ti parla, che è come se ti avessero tagliato una gamba e tu fossi costretto a continuare a camminare per la strada, facendo finta di niente. No, non puoi chiamarla per sapere come sta, fine della discussione.
Zannelli e Liardo li conosci da nemmeno un mese ma si incaricano di salvarti la vita e tenerti fuori casa e ubriaco il più a lungo possibile, come da tue precise istruzioni. Se non fosse che ti metti a piangere di punto in bianco nei momenti più impensati, la vicinanza e l’empatia di questi due ti commuoverebbe in modo sincero. Invii a Massimiliano le foto di tutta la roba che ti stai scolando in questi giorni: il Merlot comprato per il pranzo a casa di Liardo, le Tennent’s, gli amari, il Black Mojito, con quel sapore di merda, un misto di vodka scadente, menta moscia e liquirizia. Massimiliano, convinto che nei versi di Vasco Rossi sia contemplata praticamente ogni situazione esistenziale, ti risponde con le parole di Sì, stupendo: “Ed ora che del mio domani non ho più la nostalgia / ci vuole sempre qualche cosa da bere / ci vuole sempre vicino il bicchiere”. In effetti.
La domenica prosegue con un pietoso giro nel centro commerciale più grande in cui tu sia mai stato, il Romagna Shopping Center di Savignano sul Rubicone. Liardo ha bisogno di comprarsi un paio di scarpe da calcetto per un campale incontro da affrontare domani insieme a Zannelli e ad altri trentenni come voi, raccattati mediante un’applicazione sullo smartphone. Chiedi lumi sull’applicazione, non avevi mai pensato potessero esisterne addirittura per il calcetto.
«Perfino per il fantacalcio esiste un’app, che ti credi», dichiara Zannelli, stupito del tuo stupore, e te la mostra orgoglioso sul suo telefono».
Da parte tua, hai rifiutato l’invito a partecipare alla partita – nemmeno La Fine Del Rapporto ti rende così disperato da giocare a calcetto – e dichiari invece di voler dare un’occhiata ai computer portatili, ché il tuo Toshiba s’è fatto vecchio e ti fa sputare sangue pure per aprire i documenti Word e in più si surriscalda troppo (il che, in effetti, d’inverno può essere un vantaggio). La Fine Del Rapporto, sul sedile posteriore di fianco a te, ti guarda con disprezzo. Lo sa benissimo che dei computer portatili non ti importa un cazzo e, alla fine, te ne comprerai uno a caso su Amazon quando il vecchio Toshiba avrà tirato le cuoia. Ti guarda con disprezzo nonostante la cintura di sicurezza le copra mezza faccia e la renda ridicola a vedersi; e comunque nessuno mette la cintura sul sedile posteriore. Che stronza pretenziosa.
La ricerca delle scarpette, un paio d’ore più tardi, si è fatta addirittura grottesca. Riguardo all’abbigliamento tecnico Liardo e Zannelli si rivelano perfezionisti dalle sfumature molto più che femminili, sfociano nello sportivo puro, nel fideistico, nel totale. Hai preso ad aggirarti in modo autistico nel negozio insieme a La Fine Del Rapporto, che non ti molla nemmeno per un attimo, insozzando il pavimento con la sua bava di lumaca e, ogni tanto, facendo cadere qualche scarpa dagli scaffali, senza motivo. A intervalli regolari torni dai tuoi amici: quando la rosa delle candidate si è ridotta a due paia e viene richiesto il tuo inutile parere, non manchi di far notare che sono entrambe orrende. Gli altri si fanno una risata e la questione è risolta da una provvidenziale telefonata alla sorella di Liardo, che comincia poi a cercare dei calzettoni abbinati. Per nessun motivo cromatico, dopo diversi consulti con più di un commesso, la scelta ricadrà sul blu elettrico.
Poi tu, Zannelli e La Fine Del Rapporto vi ritrovate in un enorme supermercato, sono le sette di sera e non hai guardato i computer e non te ne frega niente. Liardo è tornato indietro al negozio di scarpe: alla fine rimuginava e ha deciso di comprarsi anche l’altro paio, il che implica la scelta di ulteriori calzettoni da abbinare secondo logiche non cromatiche. Ciondolate pigramente nel supermercato, non sapendo bene né cosa fare né perché siete lì. A un certo punto, al tuo amico viene in mente che non ha nulla da mangiare in casa.
«Vado un attimo lì», ti dice indicando un reparto imprecisato, e sparisce.
Tu e La Fine Del Rapporto vi guardate perplessi e continuate a vagare. Raggiungete la zona coi televisori al plasma: sugli schermi ci sono sequenze dell’ultimo gioco di Spider-Man per Ps4. Spider-Man svolazza lanciando ragnatele tra i grattacieli di una New York stupefacente, ricostruita nei minimi dettagli. Ti viene voglia di comprarti il gioco. Senti il bisogno quasi fisico di perderti nel tramonto di quella città virtuale, vuoi trasformarti in pixel rossi, blu e bianchi, sparare ragnatele e guardare il mondo dall’alto, mescolarti solo con l’aria inquinata e rarefatta e il vetro e l’acciaio dei palazzi, non avere peso. Ricordi, tra l’altro, che ti è stato accreditato lo stipendio proprio ieri. Ti viene voglia di comprarti qualcosa di costoso e inutile. Se non avessi sviluppato, negli ultimi giorni, un disgusto totale per i social network, aggiorneresti Facebook con uno status del tipo: “Sono nel centro commerciale più grosso che abbia mai visto, non ho più alcuno stimolo e voglio solo comprarmi qualcosa di costoso e inutile”. Pensi anche che, come status, sarebbe troppo prolisso.
«Non hai nessun motivo per essere qui, sfigato», ti dice La Fine Del Rapporto, senza guardarti, seguendo pure lei le acrobazie di Spider-Man, «nessun motivo al mondo, sfigato».
Ha ragione, è proprio così. Mandi un messaggio a Massimiliano, gli scrivi che sono giorni che senti di essere nel posto sbagliato a fare la cosa sbagliata, non hai nessun motivo per essere lì, nessun cazzo di motivo al mondo, vuoi solo tornare a casa dalla tua famiglia e metterti a letto. Avverti, con terrore, che le lacrime stanno arrivando e non credi sarai in grado di ricacciarle indietro. La Fine Del Rapporto ti sorride. Poi Zannelli ti chiama da lontano, sta sventolando qualcosa mentre quasi corre nella tua direzione. Tre pizze surgelate. Una vecchia col carrellino di plastica si gira a guardarlo e si scansa svelta dalla sua traiettoria.
«Le ho trovate coi peperoni e voi stasera cenate da me, capo!», esclama.
È felicissimo, immagini che i peperoni gli piacciano proprio. Ingoi le lacrime e, per adesso, sei salvo. Senti di voler bene a Zannelli e gli sei grato perché anche stasera non rimarrai solo con La Fine Del Rapporto, che infatti adesso sembra contrariata. Nel frattempo, vi arriva un messaggio di Liardo sul gruppo WhatsApp. Ha cambiato idea un’altra volta, optando per un terzo paio che costa venti euro in più e rinunciando alle due precedenti. Vi raggiunge all’uscita del supermercato, allegro come un bambino.
«Adesso vi emoziono», fa col suo accento siciliano che ti ha ispirato una simpatia istintiva fin dal primo giorno di scuola, e mostra il trofeo: delle Lotto orrende, di almeno quattro colori diversi, e calzettoni gialli.
«Erotiche, no?», vi domanda.
«Domani li delizierai tutti», rispondi.
Zannelli si limita a tacere. Senti di voler bene a entrambi, sei grato a entrambi. Allora ti imponi di fare come loro e ti viene in mente un’alunna, Letizia. Letizia ieri ti ha fatto un ritratto mentre spiegavi la lezione e pensavi soltanto a La Fine Del Rapporto, che si aggirava per la classe. Deve essersi un po’ innamorata e ti ha regalato questo ritratto con scritto “Il mio prof. preferito” e “Il mio amico speciale”. Mentre ti avvii con Zannelli e Liardo all’uscita, pensi che quello dev’essere il tuo paio di bellissime scarpe da calcetto, la tua pizza coi peperoni. I tuoi amici parlano della cena di stasera e della partita di domani. Ritorni al disegno di Letizia, che hai piegato e messo nell’agenda senza quasi guardarlo e adesso, a quasi due giorni di distanza, ti fa venir voglia di piangere per l’ennesima volta.
Il mio prof. preferito. Il mio amico speciale.
Se resta ancora un piccolo motivo, pensi. Se resta ancora una gioia piccola, forse per ritrovarli devi partire da qui.