Fin dalla mia prima apnea con Maurizio avevo dovuto imparare molte cose di cui prima non sapevo niente di niente. Capii che dovevo mettere da parte il mio istinto o, quantomeno, dovevo tenerlo a bada. Per esempio, davo per scontato l’atto di respirare. Non mi ero mai chiesto esattamente come funzionasse. Maurizio mi insegnò che il respiro era un atto naturale e spontaneo: quando nel sangue aumenta il volume di anidride carbonica, al cervello, o più precisamente al bulbo rachidiano, arriva il messaggio della necessità di respirare, e così partiva il movimento respiratorio.
Giuliano Martino, apneista di fama pronto a cimentarsi a cinquant’anni nell’ultima immersione per raggiungere un nuovo record, affronta stranezze e ricordi di ogni sorta (allucinazioni? Apparizioni?) che lo accompagnano fino alla fine.
C’è un’energia potentissima e abissale, in Dimentica di respirare di Kareen De Martin Pinter, un qualcosa capace di coinvolgere nell’intimo, anche a lettura conclusa.
Il fatto è che l’esperienza esistenziale di Giuliano, raccontata con un asciuttezza e una solennità commoventi, è talmente radicale, pura e assoluta da chiamare in causa chi legge e spingerlo a mettere in discussione la sua propria vita.
I semi annidati dentro alla memoria custodivano forse ancora il ricordo di mio padre, prima che decidesse di rifarsi una vita altrove. Se mi concentravo bene, potevo forse accedere alla memoria della memoria di mia madre racchiusa in me, forse potevo prendere un seme dalla sua storia, dal suo giardino, tirare fino a scoprire una radice che si allungava, bitorzoluta, nelle strade liquide di sangue e sperma, che ci lega gli uni agli altri, generazione dopo generazione. Per trovare un’immagine del loro incontro, del loro amore. Amore? Persi qualche bollicina d’aria dall’orecchio. Guardai sotto. O era il sopra? Per un attimo la vertigine della paura di essermi perso mi invase.
Il lettore ha l’impressione di assistere a un funerale vichingo, a un rito aspro, importante e senza pompa, a esperienze (la vita, la morte) al contempo comunissime ed eccezionali; è in questa capacità di toccare la vita nella sua più incorrotta concretezza, nella sua naturalezza scevra da ovvietà, che Dimentica di respirare trova la sua forza, toccando punti nevralgici e reattivi, rimettendo in discussione esperienze di vita, suscitando una volontà di presenza attiva, partecipe e consapevole nelle cose tutte.
Parlare della vita, di una bella vita, consapevole e fedele a se stessa, e della morte, di una buona morte, conseguenza ed esaltazione di ciò che si è vissuto, compimento e superamento del limite ultimo dell’esperire umano, richiede una chiarezza di visione che non è superiore ma immersiva, empatica, viscerale; Kareen De Martin Pinter possiede questa ruvidezza dolce del racconto, e mostra e accompagna senza edulcorare, senza caricare, ma seguendo il flusso degli elementi e del rapporto tra di essi, con uno stile così solido e sicuro, adamantino, da penetrare nelle vene del lettore per restarci a lungo, da riuscire a rischiarare la visione delle cose e allenare i polmoni al respiro del vivere.
Kareen De Martin Pinter
Dimentica di respirare
Latina, Tunué, 2018
pp. 113