Due domande accompagnano la lettura di Eccentrici: cosa sia il centro da cui i quarantadue personaggi raccontati da Geminello Alvi svicolano (inconsapevolmente?) e se davvero valga la pena orbitare attorno a questo centro. Perché, nel bene e nel male, le vite tirate fuori dallo scrittore sono incapaci di piegarsi agli accadimenti esterni e anzi rifulgono attraverso di essi, o soccombono, ma in un modo o nell’altro impongono al mondo la loro esistenza.
Gli ingenui ritengono che la propria biografia consista in un racconto di sé o peggio in un tirar fuori i propri sentimenti, come se il meglio di noi, nostro io più alto, consistesse in un raffinamento interiore. Questa pessima mistica trascura che sono gli eventi, quanto è esterno al corpo e alle anime, la vera materia nella quale l’io di chiunque viene tessuto. E perciò i più autentici e migliori libri autobiografici sono, per un solo apparente paradosso, dei libri di biografie altrui.
I personaggi raccontati da Alvi ignorano quel centro nebuloso ma netto nell’opinione comune (una sorta di aurea mediocritas?) per coltivare un proprio centro personale, confrontandosi in maniera diretta con il prossimo e con le circostanze, riassumendo in se stessi un concetto di vita che, proprio perché eccentrico, diventa universale.
Gli eccentrici giocano d’azzardo e puntano sempre il tutto per tutto; nei casi più fortunati, sono coscienti del loro daimon interiore, dialogano con esso e crescono facendolo crescere. L’eccentricità è nucleo essenziale dell’esistenza e destino della stessa, carattere soffocante e liberatorio, un qualcosa con cui bisogna, volenti o nolenti, fare i conti.
L’eccentricità emerge nel rapporto con il mondo, nell’atteggiamento con cui il carattere reagisce agli scogli, e si caratterizza come elemento che definisce tutta la personalità e il percorso di vita: e allora Gene Tunney è un pugile scientifico (perché vincere è uno stato mentale), Greta Garbo è Ninotchka (perché nella sua melanconia si esprime l’inganno del comunismo e nella sua risata la sconfitta di ogni politica), Cary Grant è attore (perché uomo capace di agire una data identità) e Amadeo Bordiga è settario (perché refrattario al compromesso).
Da una grande altezza non si cade, piuttosto si è risucchiati a terra. Dopodiché venne il frangersi di quella grande onda, che separa la morte dalla vita.
L’atto di vivere viene raccontato come costante espressione del sé e liberazione di ogni sovrastruttura: non si cambia, ci si svela, e il nucleo eccentrico non è un qualcosa che si raggiunge mediante un percorso esistenziale, ma un elemento che si esprime attraverso di esso, in modo indipendente dalla nostra volontà.
Conoscere l’eccentricità degli altri, se è vero che la nostra vita si specchia nel contatto con le vite altrui, diventa stimolo per esplorare la nostra.
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Geminello Alvi
Eccentrici
Milano, Adelphi, 2015
pp. 184