Al Filologo che mi fa notare quanto sia improprio sostenere che quello che un tempo era il semainein del dio delfico, trova oggi il suo corrispettivo nell’emoticon – un uso 2.0 in un certo senso già neo-avanguardisticamente sancito, il che non sottintende alcun giudizio, perlomeno non da parte mia, anzi! perché se uno ci pensa bene, deve ammettere che ha semplificato, e di gran lunga, le cose – e mi obietta: “ma Agathe! si può comparare solo ciò che è comparabile!” ecco l’interrogazione dell’oracolo e il responso della Divina Bottiglia:
O
Bottiglia
Tutta piena di misteri,
D’un’orecchia
Ti vo’ sentire:
Tu non differire
Il motto a proferire
Dal qual pende il mio cuore!
Tutto quel divino e nettareo liquore
Che sta ne’ tuoi bei fianchi rinchiuso:
Bacco, che fu dell’India il vincitore,
Tiene in serbo ogni verità.
Vino tanto divin, da te ben lunge stanno
Ogni bassa menzogna e ogni inganno,
Sempre sia lieta l’alma di Noè,
Che di te ci ha fatto il dono.
Dimmi quel motto, ti prego,
Che mi toglierà di pena.
Così mai non si perda
Goccia alcuna di te, sia bianca o sia nera,
O bottiglia tutta piena
Di misteri!
Finita questa canzone, Bacbuc gettò un non so che nella fontana, e subito incominciò l’acqua a bollire come fa la gran marmitta di Bourgueil, quando c’è festa di processione. Panurge ascltava con un’orecchia sola in silenzio, Bacbuc si teneva presso di lui in ginocchio, quando dalla sacra Bottiglia uscì un rumore come fanno le api quando scaturiscono dalla carne d’un giovane toro ucciso e acconciato secondo l’arte e invenzion di Aristeo, o come fa un arganello nel tendere la balestra, o un acquazzone improvviso d’estate cadendo. E allora si sentì questa parola:
– TRINK.[1]
.. e allora, bevi, Filologo, ché Mirsilo è morto!
[1] F. Rabelais, Gargantua e Pantagruele, Einaudi 1993 (a cura di M. Bonfantini)