[Aprile 1920]
Merano-Maia Bassa, Pensione Ottoburg
Cara signora Milena[1],
le scrissi un biglietto da Praga e poi uno da Merano. Non ho ricevuto risposta alcuna. Certo, i biglietti non necessitavano di una risposta immediata e, se il suo silenzio altro non è che un segno di una relativa buona salute – cosa che spesso si mostra con un’avversione nei confronti della scrittura –, allora mi ritengo del tutto soddisfatto. Peraltro è anche possibile (e per questo le scrivo) che nei miei biglietti io l’abbia urtata in qualche modo (che mano grossolana che avrei se ciò fosse accaduto, anche contro la mia volontà!) oppure – e sarebbe molto peggio! – che quell’attimo di respiro calmo di cui mi ha scritto sia già passato, e che sia giunto per lei un nuovo cattivo periodo. Nella prima possibilità non so cosa dire, tanto lontana mi è la cosa e vicino tutto il resto; nella seconda eventualità non è che io le consigli – come potrei dare un consiglio io? – ma le domando: perché non se ne va via da Vienna per un po’? Lei non è certo senza patria come lo sono altre persone. Un soggiorno in Boemia non le darebbe nuova forza? E se per qualche motivo che non conosco lei non volesse andare in Boemia ma da qualche altra parte, forse anche Merano andrebbe bene. La conosce?
Mi aspetto due cose, dunque. O ancora silenzio, che significa: «Non si preoccupi, sto molto bene». Oppure alcune righe.
Molto cordialmente
Kafka
Mi sovviene che non riesco davvero a ricordarmi del suo viso in modo preciso e dettagliato. Solo il suo modo di andare via tra i tavoli della caffetteria, la sua figura, il suo vestito… tutto questo lo vedo ancora.
[1] Tradotto da F. Kafka, Briefe an Milena, erweiterte und neu geordnete Ausgabe, herausgegeben von Jürgen Born und Michael Müller, Frankfurt am Main: Fischer Taschenbuch Verlag, 2015¹⁵.