[Praga, settembre 1920]

È vero, Milena[1], qui a Praga tu hai una proprietà, nessuno vuole contendertela, al massimo sarebbe la notte a lottare per essa, ma la notte lotta per tutto. Ma che razza di proprietà è! Non la sminuisco, è comunque qualcosa, addirittura così grande da oscurare la luna piena di sopra nella tua stanza. Ma non avrai paura di quel buio? Buio senza il calore del buio.

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Affinché tu possa vedere qualcosa delle mie “occupazioni”, ti allego un disegno. Ci sono quattro pali, attraverso i due al centro vengono fatte passare due sbarre alle quali vengono legate le mani del “delinquente”; attraverso pali più esterni vengono inserite altre pertiche per i piedi. Dopo aver legato l’uomo in questo modo, si tirano le sbarre lentamente, finché l’uomo non si strappa in due. L’inventore sta poggiato a una colonna e, con le braccia e le gambe incrociate, si comporta come se ciò fosse un’invenzione originale, mentre l’ha copiato dal macellaio, che appende il porco sbudellato davanti al suo negozio.

Ti chiedo perciò se avrai paura, perché colui di cui tu scrivi non esiste e non è mai esistito, non è esistito quello di Vienna e neanche quello di Gmünd, ma quest’ultimo ancora meno e che sia maledetto. È importante saperlo perché, se dovessimo rincontrarci, si presenterebbe quello di Vienna o quello di Gmünd, in tutta innocenza, come se non fosse successo niente, mentre dal fondo quello vero, ignoto a tutti e a se stesso, ancor meno esistente degli altri ma più reale di tutto nella sua manifestazione di potere (ma perché non viene fuori e si mostra una volta per tutte?), tornerà a minacciare e distruggere tutto.

 


[1] Tradotto da F. Kafka, Briefe an Milena, erweiterte und neu geordnete Ausgabe, herausgegeben von Jürgen Born und Michael Müller, Frankfurt am Main: Fischer Taschenbuch Verlag, 2015¹⁵.