Oggi, venerdì dell’autodeterminazione del milite ignoto, per voi amici di Crapula (quanto siete fortunati!) un pezzo di Sallustio, di quelli che mettono appetito.
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Sallustio, De coniuratione Catilina (Newton Compton, 1995)
Lib. I, frammenti da paragrafi: 1 – 2 – 4
1. […] Ma a lungo vi fu tra gli uomini una grande disputa se l’arte militare procedesse dalla forza del corpo o dalla facoltà dell’intelletto. Infatti prima che si inizia bisogna riflettere e, quando si è riflettuto, agire opportunamente. Pertanto ciascuno dei due (pensiero e azione), manchevole per sé, si servirà l’uno dell’aiuto dell’altro.
2. […] Ma nella grande abbondanza delle attività (umane) la natura mostra a qualcun altro un percorso diverso.
4. Dunque, quando il mio animo ebbe tregua dalle numerose miserie e pericoli e decisi che per me era necessario trascorrere il resto della mia via lontano dalla politica, non fu mio proposito consumare l’ozio nella pigrizia e nell’inedia, e neppure in verità l’intenzione di condurre la vita coltivando il campo o cacciando, occupazioni servili; ma tornato allo stesso progetto iniziale, cioè lo studio, dal quale la mia cattiva ambizione mi aveva tenuto lontano, ho deciso di scrivere con precisione per frammenti[1] le imprese del popolo romano, ammesso che alcune sembrino degni di memoria; tanto più che avevo l’animo libero da speranza, paura, incarichi politici. Dunque dirò per pezzi, quanto più veramente potrò, della congiura di Catilina[2]; poiché ritengo questo fatto degno tra i primi di memoria per la novità della cospirazione e del (relativo) pericolo.
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Due note, per tenersi brevi e leggeri.
La prima è strettamente filologica: la presenza nella stessa frase di un verbo e un avverbio (quindi, della parte che segue, completa il significato del verbo) che sono contrastanti, ossia perscribere e carptim, tradotti, per comodità interpretativa, “scrivere per sommi capi”. Appunto, per comodità!
In fondo, perscribo significa “scrivere con precisione” e carptim “a tratti, a più riprese” – la radice dell’avverbio inoltre è la stessa del verbo “carpere”, che significa strappare, divellere, cogliere, insomma nulla a che vedere con un’idea di unità o continuità. – sembra quindi esserci un conflitto di intenzione narrativa. Ancora più in fondo, però, c’è un’altra intenzione che è stilistica, più che della materia – parola che ci slancia verso la prossima nota (un Do di petto, un Si di ascella – fate voi!). Anche qui, come poco dopo, Sallustio sta determinando il modo in cui intenderà scrivere, qual è il suo modo di concepire la scrittura. E ritengo che in questo caso, per mezzo di questa opposizione linguistica (di cui non possiamo attribuire nessuna consapevolezza a Sallustio, se non inventandola noi stessi) si precisi ancora più chiaramente l’intento narrativo, ossia trattare la storia non come un unico flusso di eventi, dei quali si può dare una spiegazione universale, ma analizzare di tutti fatti accaduti soltanto quei momenti – frammenti – che ne permettono l’interpretazione.
Numero due. La materia (la congiura, facinus memorabile), dice Sallustio, sarà trattata, propriamente “assolta, sciolta da qualcosa”, con poche parole (paucis) – o brevitas, per la retorica e la storia e la statistica. È chiaro da duemila anni che questa è la dichiarazione di poetica, mentre come dicevo poco fa… insomma rileggete sopra. Oggi, ripeto, è venerdì, giorno dell’autodeterminazione del milite ignoto, e c’è una questione più incalzante, in cui bisogna affondare un poco per ozio.
È una questione di parole. In una delle prime traduzioni apparse a Crapula Club per la rubrica Filologicon Crapula – che potete leggere qui e everywhere – si dice che se c’è una nostra posizione, un punto d’osservazione e di scrittura, ebbene lo abbiamo chiamato, tradotto perché ogni senso è un trarre, un espropriare, a ondate (ossia multis, in Catullo). Ora, un’altra traduzione, offre il fianco al nostro coltellaccio, col quale auscultiamo. E noi traduciamo, perché siamo filologi ignoti, militi della sottrazione, non fenomeni, e cacciamo fuori una parola piccola dal fianco di Sallustio: paucis, sorella di carptim, della famiglia del frammento e del pezzo[3]. Numericamente identica a multis. Una soluzione, quindi: paucis, ossia per pezzi.
Come può – ecco il problema, vero veramente – l’onda conciliarsi con il frammento, con il pezzo, ossia col periodo nominale, senza verbo, senza azione chiaramente espressa?
Buon venerdì.
[1] Il corsivo è mio.
[2] Come sopra.
[3] Pezzo: dal gergo calcistico, dribbling con effetti speciali.