Eccoci. Dopo aver esplorato le prime parole in greco della tradizione occidentale, oggi c’armiamo con la primissima tradizione romanza.
I troubadours, je veux dire.
Il Filologo – sempre lui – ci ha fornito o…insomma due terroni francesi amici suoi ci hanno restituito, leggendola in lingua d’Oc, una canzone di Bernart de Ventadorn, maestro del Trobar Leu. Di seguito il testo e la traduzione in lingua del sì di Alfahridi e Alonso Quijano.
Lo tems vai e ven e vire
Per jorns, per mes e per ans,
Et eu, las! no·n sai que dire,
C’ades es us mos talans.
Ades es us e no·s muda,
C’una·n volh e·n ai volguda,
Don anc non aic jauzimen.
Pois ela no·n pert lo rire,
A me·n ven e dols e dans,
C’a tal joc m’a faih assire
Don ai lo peyor dos tans:
C’aitals amors es perduda
Qu’es d’una part mantenguda,
Tro que fai acordamen.
Be deuri’ esser blasmaire
De me mezeis a razo,
C’anc no nasquet cel de maire
Que tan servis en perdo;
E s’ela no m’en chastia,
Ades doblara·lh folia,
Que: “ fols no tem, tro que pren. ”
Ja mais no serai chantaire
Ni de l’escola n’Eblo,
Que mos chantars no·m val gaire
Ni mas voutas ni mei so;
Ni res qu’eu fassa ni dia,
No conosc que pros me sia,
Ni no·i vei melhuramen.
Si tot fatz de joi parvensa,
Mout ai dins lo cor irat.
Qui vid anc mais penedensa
Faire denan lo pechat?
On plus la prec, plus m’es dura;
Mas si ‘n breu tems no·s melhura,
Vengut er al partimen.
Pero ben es qu’ela·m vensa
A tota sa volontat,
Que, s’el’ a tort o bistensa,
Ades n’aura pietat;
Que so mostra l’escriptura:
Causa de bon’ aventura V
al us sols jorns mais de cen.
Ja no·m partrai a ma vida,
Tan com sia saus ni sas,
Que pois l’arma n’es issida,
Balaya lonc tems lo gras ;
E si tot no s’es cochada,
Ja per me no·n er blasmada,
Sol d’eus adenan s’emen.
Ai, bon’ amors encobicla,
Cors be faihz, delgatz e plas,
Frescha chara colorida,
Cui Deus formet ab sas mas!
Totz tems vos ai dezirada,
Que res autra no m’agrada.
Autr’ amor no volh nien!
Dousa res ben ensenhada,
Cel que·us a tan gen formada,
Me·n do cel joi qu’eu n’aten!
Il tempo va, viene, ritorna
attraverso i giorni i mesi e gli anni,
e io, povero me!, non so che dire
ho sempre una stessa ossessione.
sempre è una e non cambia
e non ho voluto né voglio che una
da cui mai ebbi alcun godimento.
Poiché lei non perde il sorriso,
a me dolore e danno!
Ché a tale gioco mi ha fatto sedere
dove due volte il peggio:
ché tale amore, mantenuto da una parte
sola, è perso, finché non si fa
corrispondenza.
Biasimerei me stesso,
con ragione, poiché nessun mortale
la sua dama servirebbe così
senza una ricompensa.
E se lei ora non mi corregge
la mia follia raddoppierà,
che: “il folle non prende paura
che dopo averle prese”
E non sarò più cantore
e nemmeno alla scuola d’Eblo,
ché il mio canto non serve a niente
né i miei versi, né le mie arie,
e qualunque cosa faccia o dica
non so quale sia il giovamento,
né vedo un miglioramento.
E se faccio parvenza di gioia,
il cuore, giù in fondo, ribolle.
Chi mai ha visto penitenza
che preceda il peccato?
Più la imploro, più lei s’indurisce;
ma se in tempo non s’addolcisce
verrà il momento della partenza.
Ma no! È bene che lei mi avvinca
alla sa volontà interamente
poiché, se ingiustamente mi fa attendere,
presto avrà pietà di me;
e come dice la Scrittura:
per la gioia che procura
un solo giorno vale più di cento.
E finché non avrò abbandonato la vita,
tanto che sia forte o debole
– a lungo oscilla al vento il seme
una volta che la sua anima è lanciata fuori –
e se pure la cosa non avanza,
da me non andrà biasimata,
se d’ora in avanti si mostrerà migliore.
Ah! Buon amore ossessione
corpo ben tornito, delicato, levigato,
fresco viso colorato
che dio ha plasmato con le sue mani!
Tanto a lungo vi ho desiderata
Che nessun’altra mi piace.
Non voglio nessun altro amore!
Dolce donna ben assennata
Lui che vi ha dato forma così gentile,
mi dona quella gioia che attendo.