L’ambiguità dei sentimenti che la donna prova per l’uomo si rivela dal suo atteggiamento generale nei confronti di se stessa e del mondo; il dominio in cui è rinchiusa, è investito dall’universo maschile; ma è abitato da potenze oscure di cui gli uomini stessi sono lo zimbello; facendo alleanza con queste magiche virtù, la donna conquista a sua volta il potere. La società sottomette la Natura; ma la Natura la domina; lo Spirito si afferma oltre la Vita; ma si spegne se la vita non lo regge più. La donna si sente autorizzata, da questo equivoco, ad accordare più verità a un giardino che a una città.
(Il secondo sesso, p. 712)
Mi piace partire da questa riflessione di Simone de Beauvoir per parlare di Fiori fantasma, perché l’autore del romanzo Ronald Fraser sembra suggerirci che accordare più verità a un giardino anziché a una città non è una scelta sbagliata. Il contatto con la precarietà dell’esistente, con il flusso puro del divenire, rappresentato appunto dai fiori, può essere la porta per l’eternità e per un completo e comprensivo sviluppo della propria identità: parafrasando Socrate, occorre conoscere se stessi, e ricordare sempre che l’unica vita degna di essere vissuta è una vita costantemente esaminata.
Fiori fantasma è una storia di profonda esplorazione (esame) di sé che avviene attraverso l’esplorazione (esame) delle differenze e delle assonanze con l’altro; e questo è un viaggio che comporta sì una momentanea e voluttuosa perdita del proprio autoconcetto e delle proprie coordinate, ma che permette in seguito di recuperare il nostro io più intimo in maniera più alta e più solida, con i rami del pensiero protesi verso il cielo e le radici della propria fisicità e sensualità ben confitte al suolo.
Uno sciame di piccoli pesci nella laguna, sfrecciando da un qualche rifugio buio sotto l’intreccio delle foglie, rifletterono il sole incandescente con i loro corpi dorati, e la sua anima si sentì attratta dall’acqua. Ma adesso c’erano altre presenze a guardarla. Un’emanazione verde simile a una palma la faceva sentire osservata, e sembrava esserci, tra i tronchi degli alberi, una moltitudine di scure forme indiane. Ed era la mano di un fiore quella che si aggrappava ad un drappo di seta, o una di quelle piccole scimmie che barbugliavano nella foresta di palme? Adesso un’adorabile creatura bruna, la persona di una qualche rosa dal giardino di un rajah, era al suo fianco e sorrideva arrossendo. «Sei così bella e così nuova», furono le parole che apparvero nella testa di lei. «Ecco perché ti osservano, questi esseri così volgari». Come risposta, baciò la profumata e inebriante creatura.
(Fiori Fantasma, p. 65)
Judy, la protagonista del romanzo di Fraser, raggiunge una propria dimensione trascendente attraverso un’immersione nella più pura e naturale immanenza, rifuggendo la società che la vorrebbe integrata in un ruolo definito: Judy non rifiuta il fidanzato Roland, ma è il fidanzamento in sé che avverte come contrario alla sua natura, e allo stesso modo non contesta il fratello Hubert, ma il fatto che questo si aspetti che Judy si adegui a un modo di vivere convenzionale e inautentico.
Se Simone de Beauvoir critica le donne che si perdono in estatiche sterili contemplazioni, asserendo che per cambiare la faccia del mondo bisogna prima esservi solidamente ancorati, Fraser racconta un’estasi che non è solo astrazione (per quanto coinvolgente dal punto di vista erotico) ma anche scavo, superamento del limite, messa in discussione delle diverse parti di sé e poi integrazione; un’esperienza necessaria per separarsi da un mondo che è un oppressivo sistema culturale e sociale e trovare un proprio modo di inserirsi in esso, e viverci con instabile ma convinta soddisfazione; se donna, sempre per Simone, non si nasce ma si diventa, Fraser sembra suggerire che il venire a contatto con un diverso (le piante) con il quale tuttavia condividiamo la nostra più intima essenza (la Natura) possa essere la via per un superamento di una condizione “donnesca” imposta per arrivare a uno stato puramente creativo (artistico) in cui ogni elemento recupera il proprio ruolo e la propria utilità.
Ti dissi una volta che i poeti possono produrre effetti con le parole che superano di gran lunga qualsiasi cosa in natura. Così è per te. Tu sei un poeta e un’artista. La realtà, chiamala come preferisci, si mostra da questi fiori. Una questione di rapporti… proporzioni… potere di sintesi… vitalità ritmica… ci sono così tante parole. La letteratura, forse, non può raggiungere ciò che raggiungono i pittori e i musicisti. Io ho provato. Almeno però mi ha donato la capacità di comprendere.
(Fiori fantasma, p. 138)
La forza della Natura è talmente inarrestabile che anche Hubert e Roland, e non solo Judy, affrontano un’evoluzione personale scontrandosi con una volontà che non riescono a incorporare nel proprio concetto di ordine del mondo: come Judy, all’inizio del romanzo, cerca di imporre, seppure in perfetta buona fede, la sua idea di ordine alle piante, allo stesso modo fratello e fidanzato fanno con lei; e tutti e tre sono destabilizzati dalla complessità delle cose, e in questa complessità trovano la loro ragion d’essere e la loro direzione, consapevoli sia degli sbandamenti a cui andranno incontro sia della loro capacità di farne fronte, e coscienti che la Vita è un mistero effimero, fluido e impenetrabile.
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Ronald Fraser
Fiori fantasma (1926)
Trad. it. Federica Bigotti
Roma, Atlantide Edizioni, 2016
pp. 144
Simone de Beauvoir
Il secondo sesso (1949)
Trad. it. Roberto Cantini e Mario Andreose
Milano, Il Saggiatore, 2002
pp. 850