Ore 8.35, semaforo a Kreutzberg, Berlino[1]. La mia mountain-bike si accosta ad una fixie fiammante. Il proprietario é un belloccio tedesco, fit, hipster, sguardo assassino. Uno che vince sempre.
Sono preso alla sprovvista, non solo perché l’individuo è un rappresentante di una razza superiore con la quale stiamo combattendo per eliminarci a vicenda, ma perché ho intuito che mi ha lanciato una sfida e che non posso non accettare, pena la mia dignità di umano di sesso maschile, maschilista, macho.
L´ariano vuole fare un PROVATONE[2] con la bici.
Ottimo, entro immediatamente nel mood adeguato: me la sento sucata.
La regola implicita è che la gara duri fino al prossimo semaforo che si trova a circa 300 metri. Io sono gasato fino alle corna, se fino a pochi minuti prima ero ancora un po’ fiacco adesso sono completamente sveglio e vigile.
Quando scatta il verde abbiamo un attimo per misurarci: io ho uno sprint eccezionale, lo supero già di una spanna, sebbene il tedesco sembri un nuotatore olimpionico: mai toccato una sigaretta, sì una volta, forse, mi sono ubriacato quando il mio amico Hans ha fatto 18 anni.
È evidente che non posso tenere questo ritmo fino alla fine e temo il peggio ma continuo ad accelerare spremendo ogni riserva di energia presente nel mio corpo.
E ad un tratto il miracolo: l´ariano si demoralizza. Mi vede 10 metri avanti e non realizza che non ce la farò a tenere questo passo ancora a lungo. Lo vedo rallentare. Give up. Aufgeben.
Ho vinto cazzo, sono un vanto per la mia razza.
Mi urla qualcosa in tedesco. Sulle prime penso mi stia insultando (e già immagino di partire con una seconda sfida a mani nude) poi capisco che si sta complimentando, mi sta dicendo che è stata una bella gara, fair play, amicizia tra popoli, rifacciamolo qualche volta, you Italian? Ah jamme jamme ’ncoppa jamme jà?
A guardarlo da vicino, in fondo, non era così bello.