Premessa
Ciò che accade a Dale Cooper è già accaduto a Odisseo: la sparizione e il ritorno, due facce della stessa testa.
Lynch, però, fa sì che le due facce non possano vedersi, incontrarsi e dialogare, poiché sospende la trama.
L’epicità del ritorno (“don’t die” gli ripete Mike, The One-Armed Man) si riflette nello specchio della tragicità del ritorno (“is it future or is it past?”, sempre Mike, il traghettatore).
Bisogna dunque ragionare, rispetto all’approccio epico, riguardo al disvelamento tragico e come quest’ultimo nella prospettiva del sogno e del sognatore contribuisca a rigirare la realtà.

Penelope
L’escamotage di Penelope, per provare che Odisseo[1] è proprio l’uomo che si trova di fronte, si basa sulla complicità tra lei e l’eroe:

Allora gli rispose Penelope molto prudente:
«Figlio mio, il cuore nel petto è rimasto sgomento,
non riesco a rivolgergli una parola né a interrogarlo
né a guardarlo in faccia. Ma se davvero
è Odisseo e a casa ritorna, noi due senza dubbio
potremmo riconoscerci anche meglio l’un l’altro, infatti tra noi
ci sono segni che, nascosti agli altri, noi due conosciamo».
Così disse, sorrise il paziente nobile Odisseo […]
(Od. XXII, 104-112, la traduzione è mia)

Segue la famosa scena del letto intagliato nell’ulivo – il segno. Che cos’è un segno? Qualcosa che non può essere spostato, perché resti per sempre ciò che significa? E se al segno si sottraesse la sua portata simbolica, che cosa resterebbe? Una matrice amorfa, seme di tulpa?

Diane
Nel contesto epico c’è sempre una donna-premio o una donna-memoria: Elena per Menelao, Penelope per Odisseo. La prima ha il ruolo del casus belli, la seconda della fiducia, prerogativa ineffabile della memoria. In Twin Peaks Diane Evans è per Dale Cooper la donna-memoria.
Diane si pone esattamente come colei cui Cooper affida, fino dal giorno del primo approdo a Twin Peaks, le tappe della sua ricerca e i dettagli del luogo; rappresenta la memoria nella sua forma ibrida di archivio.

Is it really you?
Cooper è libero, ha compiuto la missione lasciata in sospeso 25 anni prima: liberare Laura Palmer dal limbo della Red Room, l’anticamera per la Black Lodge. È tornato alla realtà di Twin Peaks, prima con il risveglio di Dougie Jones, poi grazie a Philip Jeffreys, ma sulla via del ritorno, ovvero mentre riporta Laura a casa, la ragazza scompare. Il ritorno, nella sua forma frammentata, è il sogno che si lascia inseguire.
Fuori dalla Black Lodge Cooper incontra di nuovo Diane, già non più tulpa, la scena è epica pura e rimanda al riconoscimento omerico, ma i segni sono altrove – i segni a Twin Peaks portano sempre da un’altra parte o semplicemente e ossessivamente a Twin Peaks, che scompare permanendo nella realtà.
Diane e Cooper si sfiorano e si guardano negli occhi, allora Diane chiede: “is it really you?”. La risposta di Cooper è affermativa, definitiva.
Fin qui il ritorno epico, il cerchio si chiude in questa scena, per riaprirsi tragicamente in quella successiva.

Tiresia
La profezia di Tiresia torna in due momenti dell’Odissea.

  1. IX 90-152. Odisseo, dopo aver compiuto il sacrificio e invocato l’anima/ombra di Tiresia, viene a conoscenza del suo futuro. Egli ritornerà a Itaca, ma neppure il ritorno gli sarà di sollievo, poiché dovrà ripartire di nuovo sul mare e potrà porre fine alle sue peregrinazioni soltanto quando arriverà in un luogo abitato da uomini che non salano il cibo e, confisso il remo nel terreno e sacrificato secondo il rito, fare ritorno a Itaca.
  2. XXIII 247-287. Dopo essersi riconosciuti, Odisseo e Penelope si mettono a letto. Penelope ha sete di conoscenza, vuole che Odisseo le racconti le sue peregrinazioni e l’eroe non si sottrare alla narrazione[2]. Arrivato al momento della discesa agli inferi per incontrare Tiresia, Odisseo tentenna per una volta nel racconto, si frena per non nuocere a Penelope e non doverla costringere a ricordare che egli è l’eroe che vaga. Eppure Penelope, memoria e costanza, non teme il dolore del distacco, non teme la lontananza e il distacco – più paziente dello stesso Odisseo. Alle insistenze della moglie Odisseo cede, non senza una premurosa protesta.

La stessa profezia ripetuta due volte sortisce l’effetto di una rottura nella trama: sebbene sia tornato in patria, Odisseo sarà obbligato a ripartire – il ritorno non è uno, ma doppio, dislocato altrove. Il ricongiungimento è lontano dall’essere perfetto.

Fireman
Twin Peaks The return si apre con la profezia del Fireman – il gigante che nelle prime due stagioni guida i passi di Cooper nel mistero della morte di Laura Palmer attraverso il sogno.
Questo il dialogo tra Cooper e il Fireman:

Fireman: Agent Cooper, listen to the sounds. It is in our house now.
Agent Cooper: It is?
Fireman: It all cannot be said aloud now. Remember 430. Richard and Linda, two birds with one stone.
Agent Cooper: I understand.
Fireman: You are far away.

The sounds: quelli che Cooper riconoscerà nel bosco di Twin Peaks, quando sarà in procinto di salvare Laura. I suoni saranno il segno dell’evento che si ripete non uguale a se stesso: la scomparsa di Laura, prima morta e finita nella Black Lodge, poi dislocata in un’altra realtà senza Twin Peaks.

430: il punto esatto della congiuntura spaziotemporale che conduce Cooper e Diane fuori da Twin Peaks, così come è sempre stata.

You are far away: Cooper è ancora bloccato nella Black Lodge, non ha la spilla dell’FBI, indizio fondamentale che indica il tempo dell’azione.

Richard and Linda
Il ritorno non è uno ma doppio, dislocato altrove – al di là dello specchio della coscienza[3], passando da una realtà all’altra, diventando altro da sé. Questa dinamica tradisce il tratto epico di Twin Peaks e sposta la rappresentazione nell’ambito del disvelamento tragico.
Diane in quanto donna-memoria svolge il suo ruolo fino in fondo, ovvero fino al ribaltamento della realtà. Restando nell’analogia: se Penelope forza Odisseo a tradire il segno consapevolmente, lo stesso accade tra Diane e Cooper, con la variante tipicamente lynchiana della sottrazione del soggetto[4].
Tale sottrazione (di due ne resta uno, che è a sua volta due) porta al disvelamento tragico: Cooper trova un biglietto destinato a Richard da Linda – qui l’analogia Cooper/Richard/Diane/Linda è il vero inganno.
L’indizio è chiaro (come è stato per Odisseo e il suo letto) e Cooper non lascia tradire il dolore o l’emozione della perdita. Egli sa che oltre la soglia di Twin Peaks, come in uno specchio rivoltato, c’è la realtà – questo è l’evento tragico, ovvero il mistero, poiché non si dà tragedia senza.
Che l’analogia esponga la semplicistica relazione tra i personaggi, poco importa. Al di là della vita e della morte Cooper trova un mondo ben più incomprensibile di Twin Peaks, del quale però Twin Peaks partecipa come il sogno di questo stesso mondo o il suo riflesso o entrambi ma fusi insieme, inscindibili, poiché vita e sogno e morte sono la stessa cosa.
Ancora: i segni sono inequivocabili in questa nuova realtà, nella quale tutto è vero. Lynch fa un’operazione metanarrativa, in cui il luogo prescelto inizialmente per la narrazione viene letteralmente interpolato nel dato reale – Odessa, la città che fa da sfondo a Twin Peaks, il Double R Diner col suo vero nome nella città di North Bend, casa Palmer che non è più tale.
I segni: l’insegna del ristorante Judy’s; il palo della corrente elettrica, lo stesso da Fire walk with me; la statua di un cavallo bianco in casa di Carrie Page (Laura Palmer senza memoria); i nomi dei proprietari di casa Palmer, Chalfont e Tremond.
È l’attrito tra consapevolezza e finzione a dare al finale di Twin Peaks The Return quella verticalità epico-tragica (rimestando insieme i due generi come in un crogiolo) che fa pronunciare a Cooper la domanda fatale: Incipit tragoedia, quando?

***

[1] La figura tipica di Odisseo, informata di astuzia e imprevedibilità, manca però nella tradizione di una sua rappresentazione tragica. La letteratura antica, con la sola eccezione dell’epica, ne ha parlato come di un falsario – come se l’intelligenza scaltrita dalla capacità di ragionare e di inventare fosse il male, quando al contrario si è dimostrata l’unico modo per non passare per idioti.
In età moderna l’idiota è stato smontato e ricomposto nell’Ulisse di Joyce, che ha sostituito al ritorno la vertigine di Molly Bloom, facendo della sublimazione dell’epica un problema di allucinazione ipnagogica.

[2] Nel canto XIII avviene l’incontro tra Odisseo e Atena. Anche in questa occasione (come già nel canto IX e ancora nel canto XIV) Odisseo dà una versione delle sue fatiche. Ci sono, però, delle differenze sostanziali tra le versioni: presso i Feaci e nel letto nuziale Odisseo racconta gli eventi per come questi sono accaduti; a Polifemo, Atena e al porcaro Eumeo racconta invece quella che Philip Jeffreys, riferendosi a Gordon Cole, chiama “the unofficial version”, ovvero una storia che nata da un fondo di verità, deve a sua volta per forza finire nell’inesplicabile.

[3] Diane, mentre attende che Cooper prenoti la stanza del motel in cui trascorreranno la loro ultima notte, vede un altro suo doppio. Un altro tulpa o una rifrazione della propria coscienza paranoica. Qualsiasi cosa sia, “l’immagine speculare sembra essere la soglia del mondo visibile, sia che ci fondiamo sulla disposizione dell’imago del proprio corpo, che si tratti dei suoi caratteri individuali, delle sue infermità o delle sue proiezioni oggettuali; sia che notiamo il ruolo dell’apparato dello specchio in quelle apparizioni del doppio in cui delle realtà psichiche, peraltro eterogenee, si manifestano.” (J. Lacan, Lo stadio dello specchio come formatore della funzione dell’io, in Scritti – Volume primo, Fabbri Editori, 2007)

[4] In merito, Mullholland drive è paradigma.