Se vogliamo essere strumenti nelle mani di nostro Padre celeste, per realizzare i Suoi eterni propositi, dobbiamo soltanto restare buoni amici, aveva intenzione di dirgli.
Oppure: sono qui per te, per curarti. Per amarti come una madre ama il figlio. Come un’amica si prende cura del suo compagno di giochi.
Non è certa. I discorsi costruiti suonano falsi. L’aria nella stanza si è surriscaldata, socchiude la porta esterna per non soffocare. Ha comprato la legna dal distributore del posto, un uomo senza faccia che rifornisce le pizzerie dei paesi vicini. L’uomo guida un camioncino bianco, con i tronchi esposti. Umidi. E conosce tutti nei dintorni. Ha l’abitudine di trattenersi sulla soglia dopo il pagamento, non si sa perché. La casa è piccola e per fortuna non c’è bisogno di chiamarlo spesso. Il fuoco fa scoppiettare la legna, ne è ipnotizzata. La perla fosforescente nei luoghi bui smarrisce gran parte del suo fascino alla luce del sole, citava la nonna a memoria da un libro giapponese. La fiamma legge nei suoi pensieri e li moltiplica nell’oscurità. Macchie e ideogrammi d’oro pallido ballano sulle stoffe, sul nero laccato dei mobili, toccando il vetro sopra le fotografie e la lama del Kirpan indiano, sfoderato sulla mensola del camino. L’acciaio scintilla come una pozzanghera di mercurio. Quella stessa lama le rammenta un’amica che non è più nella sua vita. Tradizione vuole che i coltelli portino lacrime. Allo stesso modo le perle e le spille. Bisogna ricordarsi di dare una moneta a chi li dona, per contrappasso. Loro due avevano pianto di dolore e di rabbia, per un ragazzo amato che non si era mai deciso a scegliere.

Ha acceso lo stereo. La musica la rende malinconica. Il vuoto diventa insensato, la polvere una presenza autonoma sui libri impilati in un angolo, vivere lontana dal mondo una scelta patetica. Se non lo avesse invitato una settimana prima e non avesse già apparecchiato, disdirebbe.
Ha fatto la spesa in tre diversi supermercati. Ha acquistato le ultime cose nella bottega di zona. Se non altro la padrona dell’emporio prepara con le sue mani tonno, funghi, carciofi e altri prodotti sott’olio. Anche il vino è di vitigni sparsi sui terrazzamenti di quella montagna. La casa si limita a una stanza centrale soppalcata, seguita da una piccola cucina. Il bagno è l’ultimo vano e dà sul giardino pieno di foglie cadute, che il vento fa mulinare e raspano il gres del cortile. Per una sola persona lo spazio è più che sufficiente. Le luci sono instabili, ronzano a causa di sbalzi di tensione e talvolta si accendono e spengono da sole. Lei, di notte, le tiene spesso accese. Il cortile conta un fazzoletto di terra, un albero e una gabbia di legno, che la madre aveva fatto costruire per i suoi dodici gatti, ma non c’erano mai entrati in quella gabbia.

Fuori il sole, dentro i libri. Fuori la corda. Il cesto. La terra. Dentro i quaderni. Dentro l’ordine. Fuori il gioco. Dentro buio, fuori luce. Dentro gli anziani, fuori i bambini. Fuori lei, lontana dai bambini. Passato.
Il suo passato a volte dispone immagini fluttuanti nella sua mente come soprammobili. Li riposiziona, ne cancella i dettagli e li deforma. La parte legata a quel luogo, che avrebbe desiderato lasciare nell’ombra, non muore. Nel buio si spande un calore che avanza dalla punta di un piede per catturare strisciando anche la caviglia.

Qualche volta la casa diventa un essere che decide. Si sente il tramestio dei topi che attaccano la coibentazione del tetto. I rami dell’unico albero battono contro la finestra dell’abbaino, creando un effetto simile a quello di qualcuno che bussa su un vetro con le nocche. Nel buio avverte contatti. Carezze. Onde di calore che s’irradiano in modo concentrico. Una mano smuove l’aria intorno a lei. Suggestioni. Alleggerite dall’attesa dell’ospite. Ha chiesto in paese chi abitasse la casa. I primi tempi si era informata con i due vicini. Le era stato detto di un fratello e di una sorella che avevano trascorso l’esistenza là dentro, prima che fosse demolita e fatta ricostruire dalla madre. Il fratello era un uomo ombroso, pescava come la maggior parte degli adulti in paese. Soprattutto nei giorni di temporale, quando altri si sarebbero limitati a tirare in secco le barche e a chiudere le finestre. Un metodico smarrimento. Voluto, almeno così era interpretato agli occhi della piccola comunità, per ragioni misteriose. Uno di quei giorni non tornò. Dicono anche che la sorella, ormai in età, fosse impazzita di dolore e avesse cercato una specie di sonnambula. Una megera. E che in quella casa si fossero svolti dei riti, delle sedute. Qualcosa di proibito. Dopo poche settimane, la sorella s’impiccò. Dicono fosse morta con un’espressione strana, quasi serena. Inspiegabilmente pacificata. Non è chiaro se volesse ricongiungersi al fratello oppure morire e basta. Sull’abito con il quale fu sepolta, già preparato dalla donna in previsione di quel momento, c’era una spilla. Un cuore di Gesù in fiamme. Quella casa non ama gli uomini. Produce segnali ostili. Gatti sbucati dal nulla, piccioni agonizzanti, sparizioni di oggetti che ricompaiono spostati o rovesciati. C’era un segreto nella vita del pescatore scomparso. Il debole per una nipote. Una bambina senza padre, che gli si era attaccata in modo morboso. L’unica alla quale bisbigliasse storie di mare e motivi passati di moda mentre la cullava sulle ginocchia. Lasciata in cortile a giocare con un cugino affetto da un lieve ritardo per il tempo di una battuta di pesca, fu trovata ferita alla testa, da una pietra. Non è chiaro chi avesse toccato la bambina.

Avete mai visto una vera oscurità? L’ombra densa che una mano adulta lascia dentro un piccolo corpo? Eccola, sopraggiunge, dietro di lei. Guarda il primo bacio. Il giorno della laurea con l’attacco di panico. Guarda lo zio che la prende in braccio dopo una brutta febbre. Il nonno che le regala i fumetti e i libri di favole illustrati. Guarda la prima volta che ha nuotato senza braccioli. Sente le voci del fratello e della sorella, sempre più chiare. Le dicono che non sarà sola, che abiterà con loro. Che loro la accoglieranno come una di casa. Perché quella è anche casa sua adesso.
Un colpo alla gola disegna un collarino nero. Cade, e il sangue comincia a inzuppare il divano. Al buio il sangue è simile a inchiostro. Il sangue. La lama del Kirpan si è appannata e l’aria ferma, satura di calore, circonda il corpo come un’aureola.

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In copertina: M. Kardinal, o. T. #2, digital collage, 2015, www.segmentederwirklichkeit.de