L’erpete s’estese. Febbre, peste: Mercedes ebbe tremende pene nelle estreme e deste sere. Nel breve rese le penne, decedette, e le venne d’esser cenere.
Ebbene, scese nelle fredde melme del Lete e, sebbene fremente, ne emerse. Spense le ferree certezze terrene del sé precedente, e gemette. Stette greve nel vedere selve nere per leghe e leghe. Terre depresse.
«Perché me? Perché Mercedes, erede d’eccellente gente perbene, è nelle dense selve delle tenebre peste?».
Repente venne Selene, che le fece:
«Mercedes venne recentemente nelle tenebre del Lete? Nelle terre delle Megere, gregge servente del Re Serpente?».
«Venne testé… e… Megere? Re Serpente? Perché… perché me?».
«Perché è legge, sempre! Le vede ‘ste terre eterne, nere pece? Venner erette per l’essere che scende nelle terre estreme: né l’Eden splendente e celeste, né le benedette terre serene, né le eteree mete terse, né le belle stelle delle Sfere esterne» fece Selene, referente delle Megere. «È legge, sempre! Che pretende Mercedes? D’esserne esente?».
Mercedes stette senz’emettere nemmen leggere brezze, e Selene, clemente, s’espresse:
«L’essere che decede deve sedere perennemente nelle selve del Lete, essere presente nelle messe nere, sempre!» fece lemme lemme, senz’esser greve. «Mercedes le teme? Teme le messe nere delle sette segrete del Lete? Teme le streghe perché le crede perverse e neglette? Deve vederle, e né temerle né prevederle ree, grette e sceme. Mercedes seppe che venne per esser presente nelle gerenze del Lete?».
Rebelle, Mercedes fece:
«Perché? Perché? Nel breve crescere terrestre Mercedes ebbe fede nelle sentenze del prete, ferventemente! Stette senz’eccedere. Cedette nemmen per Serse, essere splendente, erede delle semenze d’Este. Mercedes? Sempre fedele del Re delle Sfere!».
«Scemenze!» fece Selene, ex-clemente, e le dette tre secche sberle esperte: che fendente! «Che becere scemenze! Checché le credete vere, dentr’esse v’è ‘l germe delle grette leggende terrene. Vede, Mercedes, c’è del bene nelle sette segrete del Lete. Né plebe né gente pezzente nel genere fedele del Re Serpente».
«Del bene? Che crede Selene, che Mercedes è demente?».
«Bene, ce n’è certezze: Mercedes è demente!» fece Selene veemente. «Ed è ebete se prevede per sé eterne ed egre sere. Mercedes deve credere che ‘l genere delle Megere è decente, e perdere le fesse credenze che ebbe nel prete e nel Re delle Sfere. Se le vedesse, le reverende streghe, etere del Re Serpente, ne prenderebbe per sé le essenze, cesserebbe d’esser ebete e verrebbe! Pregherebbe per essere nel jet-set delle Megere! Nelle sette del Lete? È sempre weekend!»
Mercedes, perdente e degente (che sberle che prese!), spense le beghe e prese per vere le premesse dell’eccellente Selene. Fece vedere d’esserne credente, e se ne stette deferente.
Emesse ‘ste sentenze, Selene recedette, precedette Mercedes e prese per l’est, per le selve, e nel mentre s’erser le Megere.
Snelle, veste splendente e belle cere, le streghe venner lente, tenere e leggere: le preser destre le membre lerce per le negre bellette del Lete e le fecer telette nel detergerle le stesse, che venner nette. Le steser delle essenze: resede e verbene. Le cedetter gerbere, gemme, ceste d’erbette tenere testé prese, delle belle mele renette, pere e pesche ben scelte. E le fecer serene reverenze, senz’esser meste né tetre.
«Vede?» fece Selene. «Vede le streghe erette per le feste? C’è Hell, reggente delle tenebre fredde; Semele, tenente delle terre ebbre; Erzsébet, gerente delle terre tetre; certe belve greche perfette; e le femen: che ghenghe!».
Mercedes, mentre Selene le mescette nepente, seppe che le messe nere è bene crederle feste e, perché ne bevve, spense spleen, stress e sete: nel ventre delle tenebre c’è del bere eccellente che deterge le pene e rende le Megere perennemente ebbre. Che benessere nelle terre estese del Lete! Che belle le selve del Re Serpente!
E fece certe cenette, nelle eterne sere! E certe merende!
Che messe e messe… mense nere! Che geenne e geenne… feste, nelle sette segrete del Lete! E che kermesse!
«Bene, bene» fece Selene. «Mercedes sente crescere le ebbrezze? Se cedesse per sempre, ne vedrebbe delle belle».
E mentre svelse le pregresse sentenze del prete, Mercedes, breve e celermente, fece:
«E ‘l pene?».
«Eh eh! Vede che le serve? Ebbene ce n’è. C’è ‘l perestre, c’è Ermes, Grendel, l’efreet celebre, messer Hegel, l’essere delle sette teste e Beserker: che gentlemen… E c’è Re Serpente: benché senescente, che pene sempreverde, che pene eccellente: s’erge sempre!» fece Selene. «E che verve perenne!».
«Ed Ermes?» fece Mercedes fremente.
«Re delle seghe, pene pendente».
«Che beffe! E messer Hegel?».
«Tre belle legne sempre deste».
«E l’essere delle sette teste?».
«Sette verghe ferree, erte, tese, spesse, pregne e leggermente sghembe».
«Bene, bene» s’espresse Mercedes.
E nel mentre pervenne Beserker, che prese Mercedes pel ventre e le fece:
«Permette, Mercedes? Beserker, pene crescente», e ‘l pene s’erse, s’estese veemente.
«Che belvedere!» fece gemente Mercedes. «E che merce!».
«Ebbene?» fece Beserker.
«Ebbene…» s’espresse Mercedes «Beserker penetrerebbe per bene Mercedes? E le presserebbe le tette? E le leccherebbe le veneree escrescenze? E le presterebbe ‘l pene eccellente? E ne spenderebbe ‘l seme eccedente?».
E prese per sé le sfere del Beserker, per tenersele strette strette, per sempre.

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In copertina: G. Courbet, L’origine del mondo (1866)