Questa casa è luminosa, non un’altra
lumini del latte nel bicchiere/vuoto, non del tutto/e del cucchiaio, in quel bicchiere.
A un dieci per cento sta la libertà in costipazione.
Via dalla prigione, un braccialetto a mo’ di scimmia,
il legno chiaro, del gusto XY, pervaso lo spazio.
Grammatiche rosa sul tubo plastico, azzurrognolo (riciclo tutto, se si può),
bibita per il tre per cento di ricordo, di quel logo (M-A-T-T-E-L)
indotto il senso delle plastiche vulve e cosce e tinti piedi.
I primi oggetti, non si scordano mai: imprinting coloniale, post-atomizzato,
il tuo Imperium Mundi.
Tenue prosa del mio globo, oculo&fibroma, globuli a supporto di quel fauno – in DNA.
Ferro, idrocarburi e acqua: riciclo il mio verme solo.
Sciolti riccioli affiatati,
affamati soldi della gola.
Tu, dalla testa grossa e il pene morto,
tu, vecchio da strapazzo e da commedia,
riduci tutto alla potenza non voluta
ma di aborto atomo e figlia.
Tua
Adirosa
Chiosa
Insana
Tenia
Obliqua.
Hai stracciato quella casa, sradicato quelle mura, gettate in pasto a pescecani e nessuno ha banchettato, e manco tu!
Uno di fronte all’altro, non uomo o donna, vivi.