[Salvia, Salvia-combina-guai, su nell’Olimpo felice tu stai; la beniamina di tutti gli dei, sei tu, Salvia, Salvia-combina-guai – Salvia divinorum]
Aspiri secco e duro (grazie al Bartolo – venditore e officiante della corretta combustione e assunzione, che lui poi non vuole rotture di cazzo per colpa d’incapaci che non sanno come si fuma e poi pensano di essere stati inculati perché sostanzialmente sono degli idioti – che ha anche caricato il bong con meticolosa ritualità) un braciere di 25x, carbonizzandolo del tutto e facendone scracchiare la feccia lurida nell’acqua.
Un fungo – la cappella del fungo – diventa un occhio di pavone che significa fiamma. Ma mai è stato visto fuoco tanto verde da ordire un pascolo alpino – «guardate l’idrogeno tacere nel mare, guardate l’ossigeno al suo fianco dormire» – di fine giugno, dove tua madre quattordicenne ti guarda – è appoggiata con i gomiti alla staccionata che recinge le bestie nel prato. Ti fissa. In realtà è l’ombra di tua madre, ciò che lei non t’ha mai detto, tenendoti all’oscuro. Ti fissa con rancore. Vorrebbe essere il verme solitario che ti sta rendendo sterile mangiandoti dal dentro.
Ti ritrovi buttato sul divano, sei di nuovo nella cameretta del Bartolo – «madonna straputtana, Mamma! – pensi – Pure qui vieni a rompere il cazzo». Il Bartolo ti dice volgari bonarietà sostanzialmente idiote, ti abbraccia – anche questo forse è compreso nei 20 euro che hai buttato per via di quella cagna di tua madre che è morta ammazzata di cancro da sola «nel letto sudato del grande ospedale» da dieci anni e continua a perseguitarti?
Te ne vai veloce, salutando disinvolto: hai un appuntamento – in realtà ti sei pisciato addosso.
[Sticciano, Roccastrada, Grosseto – ventitre giugno duemiladiciannove]