Selezione degli estratti dall’originale e traduzione a cura di Federica Arnoldi e Alfredo Zucchi.
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Una questione di gerundi
Uno dei primi episodi di mitizzazione di Alberto Laiseca deriva da un aneddoto, sicuramente apocrifo, tuttavia emblematico se consideriamo la sua portata simbolica: interrogato su Uccidendo nani a bastonate[1] dell’allora quasi sconosciuto Laiseca, Jorge Luis Borges affermò che non avrebbe mai letto un libro con un gerundio nel titolo. Un certo codice purista dello stile e del buon gusto ha conferito una cattiva fama al gerundio, al posto del quale si tende a preferire l’uso di perifrasi o di giri di parole.
Sia esso vero o apocrifo, il rifiuto da parte di Borges mostra come, nel tempo, il processo di canonizzazione dei tratti in seguito riconosciuti come più caratteristici dell’opera e della poetica di Laiseca sia avvenuto attraverso l’opposizione alla sua figura.
Siamo agli inizi degli anni Ottanta e le nuove generazioni letterarie cercano modi inediti di relazionarsi al paternalismo borgesiano. Si allontanano dal parricidio ideologico operato dagli autori che hanno gravitato intorno alla rivista «Contorno» – questi ultimi più interessati, in generale, alla categorizzazione sociale della rivista «Sur» che non a Borges in particolare – e si pongono in continuità con alcuni dei principi cosmopoliti e universalisti formulati da Borges ne “Lo scrittore argentino e la tradizione” (“il nostro patrimonio è l’universo”[2]): il ritorno alla letteratura di genere (il poliziesco, la fantascienza, il romanzo d’avventura) e la comparsa di romanzi esotici e inusuali negli anni Ottanta del Novecento[3]. La critica ha inizialmente inquadrato anche l’opera di Laiseca all’interno di queste tendenze.
Laiseca, l’autore che Borges non legge. La sua volontà può essere interpretata come un’impossibilità, come una forma simbolica di cecità generazionale[4]. La letteratura che è fuori dal radar canonico del sistema Borges-Bioy Casares, ma che non è l’opposto del fantastico intellettuale[5] (come invece può esserlo il realismo engagé degli anti-borgesiani vicini alla rivista «Contorno»), bensì l’esasperazione e la degradazione dei suoi principi. E, allo stesso tempo, si tratta di un ritorno alla sfida borgesiana di fare una letteratura argentina di stampo universalista, assorbendo i progetti di romanzi di autori quali Macedonio Fernández, Juan Filloy, Leopoldo Marechal e Julio Cortázar; del migliore surrealismo argentino (Juan Rodolfo Wilcock, Alejandra Pizarnik, César Aira); dell’allegorismo politico più trasgressivo e dirompente (Osvaldo Lamborghini, Copi, Néstor Perlongher) e persino del maledettismo più stravagante (Raúl Barón Biza, Jacobo Fijman, Marcelo Fox). Attraverso questo sistema di filtrazioni, Laiseca costruisce con il suo realismo delirante una sorta di ritorno teratologico e assoluto agli elementi più audaci dell’opera di Arlt: la sua “cattiva scrittura”, quel complesso sistema di rappresentazioni compensative ed espressioniste il cui centro risiede nei deliri dell’Astrologo e, infine, quell’ossessiva fenomenologia dell’apparizione del male che Oscar Masotta attribuisce all’autore de I sette pazzi[6]. Inoltre si pone come erede di una tradizione di genialità di cui egli stesso si offre come incarnazione assoluta e, allo stesso tempo, come un’alternativa letteraria che neutralizza, per riassorbimento, l’estetica di Borges.
Nel 1988, anni dopo il commento ironico di Borges sul gerundio di Uccidendo nani a bastonate, Laiseca elabora una risposta. Pubblica un racconto intitolato “Indudablemente, horriblemente, ferozmente” nella cui nota introduttiva dichiara implicitamente Borges come avversario. Propone una narrazione ermetica intrisa di umorismo nero, completamente basata sull’uso della “cattiva scrittura”, in cui proliferano aberrazioni volontarie della grammatica spagnola. Anche se questa strategia trasgressiva non rappresenta a pieno la parabola stilistica che seguirà il realismo delirante, l’esasperazione, da parte di Laiseca, dei difetti segnalati da Borges mostra il tipo di relazione che l’autore de Los sorias sceglie di intrattenere con il sistema egemonico della cultura alta. Laiseca, come Lamborghini, sembra proporre una legge: la neutralizzazione di tutti i sistemi discorsivi di rappresentazione e la violazione dei loro precetti richiedono due qualità, vale a dire la smisuratezza e l’indecenza. È possibile trovare un esempio di questo legame ambiguo con Borges nel capitolo 37 de El jardín de las máquinas parlantes, intitolato “Póngase contento, señor Borges[7]”. In questo romanzo, incentrato sulle guerre invisibili tra esoteristi e sulle creature magiche che questi ultimi usano come armi, Borges è un personaggio assediato da un esercito di chichis[8] invisibili che l’hanno stregato e che lo seguono dappertutto. Borges non ne è cosciente, ma queste creature lo influenzano negativamente, ossessionandolo con cattivi consigli e lusinghe sussurrate all’orecchio. In questo modo, Laiseca elabora un’immagine critica di Borges, mostrando le debolezze senili dell’autore, che attribuisce all’influsso malefico di creature multiformi inviate dai nemici. Così, il Borges di Laiseca è ossessionato dall’idea di vincere il Premio Nobel, rifiuta superficialmente Goethe e prova una simpatia frivola verso i giochi di parole colti e vuoti. Ad esempio, nel romanzo si condanna la celebre frase umoristica di Borges secondo la quale non gli piace Goethe perché l’ha letto; e così Laiseca risponde, tirando di rimbalzo, al commento ironico che Borges avrebbe espresso intorno a Uccidendo nani a bastonate.
Laiseca, un messia per «Shanghai»
Reso autore emblematico dalla rivista «Babel», Laiseca, oltre ad essere protagonista della già citata, leggendaria, querelle sul gerundio di Uccidendo nani a bastonate – all’affermazione di Borges, del 1982, seguirà una sua iperbolica risposta, nel 1988 – è noto per il suo rifiuto della forma classica e del registro stilistico omogeneo, rifiuto che fa di lui una figura esplicitamente anti-borgesiana. Laiseca diventa così beneficiario dell’eredità di Arlt: l’autore ai margini, intruso e indomabile, creatore di un’opera la cui immaginazione straripante stravolge il canone letterario. Di più: Los sorias sarebbe proprio il romanzo che manca nella produzione di Borges. Quando Piglia scrive il prologo a Los sorias, mette in contatto Laiseca con due tradizioni adottate dagli scrittori anti-borgesiani: il culto della“cattiva scrittura” di Arlt (l’alternativa a Borges: i modi e le forme del feuilleton popolare e della cultura di massa) e il culto dello sperimentalismo totale di Macedonio Fernández (il quale rappresenterebbe l’origine occulta e occultata di Borges: il vero Borges).
Dalle riviste «Contorno» e «Literal», passando per «El escarabajo de oro», il culto nei confronti di scrittori eccentrici (precedenti, contemporanei o posteriori a Borges: Macedonio Fernández, Leopoldo Marechal, Jacobo Fijman, Arlt, Witold Gombrowicz, Antonio Porchia, Pizarnik, Lamborghini) diventa un’ossessione: le loro proposte, infatti, rappresentano un’opposizione forte al peso irriducibile e crescente di Borges. Ora, se è vero che Laiseca sembra poter incarnare questo mito (la venuta messianica dell’anti-Borges), va anche detto che, fin dall’inizio, il suo realismo delirante intende mettere in atto, più che un’opposizione a Borges, un riassorbimento dei suoi principi, per quanto esasperati per via iperbolica: l’esotismo (gli scenari orientali, ad esempio), la relazione con la letteratura di genere, il riferimento a testi apocrifi o arcaici, le influenze letterarie stravaganti e fuori dall’orbita della letteratura argentina.
Se guardiamo all’evoluzione della letteratura fantastica in Argentina, possiamo disporre il fantastico delirante di Laiseca su una linea composta da due altri elementi: il fantastico intellettuale di Borges e il fantastico quotidiano[9] di Cortázar.
In ogni caso, la relazione ambigua che un’intera generazione di scrittori del periodo successivo alla dittatura intrattiene con la figura di Borges, superato o messo da parte il rifiuto ideologico delle generazioni precedenti, dimostra due cose: da un lato, la volontà di continuità (una letteratura esotica e sperimentale che rivendica la tesi di una letteratura argentina di carattere universale, tesi sostenuta da Borges in “Lo scrittore argentino e la tradizione”[10]); allo stesso tempo, la volontà generazionale di rottura (Borges è identificato con un’egemonia culturale da trasgredire[11]). Ora, il sistema di letterature contro-borgesiane, come quello che abbracciai testi di Lamborghini e Puig, fino agli autori vicini alla rivista «Babel», passando per Fogwill, Aira e Libertella (questa sarebbe la prima generazione di autori che hanno scritto “senza Borges”), sfiora progetti letterari come quelli di Laiseca o Copi, e forse anche quello di Marcelo Cohen, in cui il conflitto con l’elemento borgesiano sembra segnalare un’estinzione ormai già avvenuta, una relazione con Borges come entità remota. Proprio intorno a questo argomento, Damián Huergo sostiene che:
La letteratura di Laiseca sembra usare gli stampi vuoti che ha lasciato l’estinzione di Borges, e li riempie a suo piacimento, come se fosse il fratello maledetto che gode a prendere in giro il suo simile. […] Proprio dove Borges dispiega la sua conoscenza letteraria e filosofica, Laiseca aggiunge teorie scientifiche, archeologia egizia, magia nera, opere di Wagner, racconti dell’orrore, cinematografia sadomasochista e delirio paranoico a iosa[12].
Di fatto il primo gesto trasgressivo della corrente post-borgesiana consiste precisamente nella decostruzione dei limiti che Borges istituisce tra letteratura e sapere; e se in Aira e negli altri autori vicini a «Babel» questa decostruzione è già presente, è anche vero che appare come una certezza teorica di star operando una trasgressione. Allo stesso modo, proprio in questo punto, tanto gli autori contro-borgesiani come i post-borgesiani mantengono questo principio di decostruzione. Se Borges costruisce una letteratura che si nutre del costante equivoco tra il sapere come modello di riferimento culturale e il sapere come invenzione apocrifa, la scrittura contro Borges è orientata a destituire questi saperi, per diverse vie: la remissione polifonica e frammentaria ai saperi bassi[13]; la rottura della linearità significante dell’opera (Libertella); l’inclusione di ciò che invece è escluso dal canone in quanto “cattiva” letteratura (Aira); la riproposizione di un sensorium realista composto da riferimenti strettamente legati al costumbrismo[14] e da una certa velleità sociologica (Fogwill); un processo di simbolizzazione cifrata e disruptiva dei riferimenti politici (Lamborghini, Perlongher); la demistificazione dei limiti tra il contesto nazionale e l’esterno (Copi); e infine, con Laiseca, l’esasperazione dell’elemento apocrifo e la degradazione parodica dei saperi enciclopedici – e di più: la messa in scena di un nuovo sapere letterario.
Riconciliazione con il costruttore di labirinti
Per quanto il progetto di una letteratura dopo Borges sia passato attraverso varie tappe di negazione e lettura difensiva di Borges da parte di Laiseca, è importante ricordare uno dei momenti in cui prende forma una sorta di riconciliazione – analoga, forse, a quella di Borges con il suo precursore Lugones nel prologo de L’artefice. Entrambi i processi di riconciliazione, di fatto, rendono evidente la dimensione archetipica dell’autore-padre.
Nel 1991, in quel testo ibrido e inclassificabile, tra romanzo, saggio e manifesto, che è Por favor, ¡plágienme!, Laiseca introduce una parodia, una sorta di revisione delirante di svariati racconti di Borges[15]: “La memoria di Shakespeare”, “L’altro”, “Il mago rimandato ” (di Don Juan Manuel, tuttavia incluso da Borges nella Storia universale dell’infamia con altro titolo), “La morte e la bussola”, “Pierre Menard, autore del «Chisciotte»”, “L’accostamento ad Almotasim” e “I teologi”. Per mezzo di questo potpourri intertestuale Laiseca non solo si appropria dei testi parodiati (distorti fino a raggiungere la forma estrema e degradata tipica del suo realismo delirante), ma finisce anche per riconoscere l’influenza di Borges su se stesso.
Por favor, ¡plágienme! è un’opera i cui temi sono il problema del plagio artistico e i limiti dell’influenza letteraria; per questo, Laiseca introduce Borges come personaggio all’interno di una delle varie narrazioni con cui dispiega le sue speculazioni estetiche. Attraverso la struttura dell’“Esempio XI” de Il conte Lucanor (“Il mago rimandato” di Borges[16] ), Laiseca costruisce una trama complessa in cui propone una sorta di apologia di Borges, o quantomeno una difesa della morale di Borges in quanto autore e lettore: nella narrazione, a Borges viene offerto un dispositivo magico in grado di operare plagi letterari, ma questi lo rifiuta. La Tecnocrazia[17], governo dittatoriale che condanna con durezza il plagio artistico, decide di istituire un procedimento per scovare possibili plagiari. Per questo motivo, fabbrica dei doppi di alcuni scrittori, cloni con identiche aspirazioni e qualità psicologiche. Il doppio, a questo punto, è sottoposto a un esperimento per capire come reagirebbe il soggetto originale (il quale è obbligato a partecipare all’esperimento come testimone): si persuade il doppio dello scrittore che uno dei geni del passato (Shakespeare, Cervantes, Goethe) non ha mai pubblicato niente e che egli, il doppio, per via di procedimenti magici, può accedere alla sua opera geniale e inedita. Il clone si trova dunque di fronte a due possibilità: pubblicare l’opera geniale e sconosciuta come fosse la propria – la qual cosa gli comporterebbe fama e prestigio; o invece pubblicarla con il nome del suo autore originale, il genio del passato. Il narratore di Por favor, ¡plágienme! ci informa che gran parte dei doppi, durante l’esperimento, cede alla tentazione, dimostrando così l’attitudine al plagio dell’originale, lo scrittore di volta in volta clonato. C’è tuttavia un personaggio che fa eccezione: “un vecchietto, in una di queste repubbliche sudamericane, autore di numerose finzioni”, che “aveva un difetto all’apparato visivo[18]”. Quest’uomo anziano, scettico e ironico nei confronti dell’esperimento, osserva con curiosità le azioni del suo doppio, il quale, davanti alla possibilità di possedere l’opera di Shakespeare, inedita e sconosciuta a tutti, si interroga intorno al movimento infinito delle influenze letterarie, e delle influenze di influenze, che scomparirebbero del tutto se un’opera del genere, che ha generato così tanti effetti nel passato, non fosse pubblicata. Non sapendo cosa fare, il doppio di Borges decide di costruire un labirinto nel tempo, la cui funzione sarebbe quella di assegnare, a ogni autore che si è ispirato a Shakespeare e ne è stato influenzato, il frammento che gli corrisponde. Tuttavia il doppio di Borges capisce che, così facendo, alcune delle sue stesse idee e ossessioni finirebbero per essere traslate nel passato, e per questo si trasformerebbero in influenze letterarie; questo significherebbe che, nel presente, Borges ormai non ne sarebbe più l’estensore. In un atto di umiltà e sacrificio, decide alla fine di costruire il labirinto – anche se così facendo perderà ogni originalità letteraria, trasformandola in un patrimonio comune del passato. Inoltre, l’intero segmento narrativo è costruito attraverso procedimenti parodici di carattere ipertestuale e intertestuale che si riferiscono, in chiave, ai grandi temi borgesiani.
Se consideriamo gli antecedenti parodici presenti in tutta l’opera di Laiseca (il poliziesco statunitense, il gotico di Poe o Stoker, la poesia antica cinese, la storiografia latina, l’opera wagneriana, tra gli altri), è possibile affermare che, nel realismo delirante, la parodia è una dichiarazione di ammirazione artistica. Offrendo la propria versione della figura di Borges (e, in fin dei conti, un’immagine generale dell’universo borgesiano), Laiseca riafferma un vincolo di filiazione che è alla base delle proposte letterarie di tutta una generazione di autori anti-borgesiani (o, comunque, di post-borgesiani) come Aira, Copi, Daniel Guebel o Sergio Bizzio, che hanno riconosciuto in Borges una fonte illimitata di potenza immaginativa.
Harold Bloom chiama “il ritorno dei morti” una delle modalità della lettura difensiva, quella tipica della maturità di un autore: quest’ultimo si riconcilia con il suo precursore invocandolo e ripristina la sua ammirazione iniziale, che, sospesa a causa di una giovanile “angoscia dell’influenza letteraria”, è invece possibile ammettere durante gli anni della consacrazione[19]. Se si paragona la rappresentazione della figura di Borges in Por favor, ¡plágienme! con il racconto-risposta del 1988, in cui Laiseca dichiara nemico l’autore scomparso[20], è possibile percepire chiaramente il segno di un’accettazione, perché “Nonostante tutto, Borges costruì il labirinto[21]”. Laiseca, proprio come la Tecnocrazia che costruisce un doppio di Borges, propone con la sua parodia uno sdoppiamento dell’universo borgesiano.
Per chiudere il cerchio, di fronte a questo sdoppiamento, è lo stesso Laiseca a dare la parola a Borges: “Non sono d’accordo con il mio doppio. Io avrei trovato altre soluzioni al problema. Indubbiamente più soddisfacenti[22]”.
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[1] Laiseca 1982. Uccidendo nani a bastonate è stato pubblicato in Italia da Edizioni Arcoiris nel 2016, ed è una delle tre opere di Laiseca tradotte in italiano, insieme a Avventure di un romanziere atonale (Edizioni Arcoiris, 2013, tradotto da Loris Tassi) ed È il tuo turno (Edizioni Arcoiris, 2017, traduzione di Francesco Verde). Racconti di Laiseca sono stati pubblicati, in Italia, anche da Logos nel volume illustrato La madre e la morte (2016, illustrazioni di Nicolás Arispe) e dalla rivista digitale «Cadillac» (“La morte del padre”, 1 aprile 2016, traduzione di Luciano Funetta).
[2] Borges 1957, 162.
[3] Kurlat Ares 2006, 60.
[4] In una delle sue ultime interviste, Fogwill (Bianchini 2011, 34-40) afferma, rispetto a Borges: “Lui leggeva meglio di me, però io ci vedo meglio di lui”, [NdA].
[5] Conde de Boeck usa quest’espressione, in opposizione ad altre forme della letteratura fantastica, per descrivere l’elemento saliente della poetica di Borges. Ricardo Piglia, nel ciclo di conferenze Borges por Piglia, parla di “letteratura non-empirica”, [NdT].
[6] Masotta 1965, 53.
[7] Laiseca 1993, 434-445.
[8] Tradotto come ciccini in Uccidendo nani a bastonate (2016) da Loris Tassi e Lorenza Di Lella. L’orizzonte semantico di questa parola si modifica, col tempo, nell’opera di Laiseca. In Uccidendo nani a bastonate i ciccini sono i rappresentanti del Male, vale a dire dell’Antiessere. In El jardín de las máquinas parlantes si tratta invece di creature magiche. Scrive Laiseca: “Ciccino è un vocabolo inventato, ambiguo, un jolly il cui significato preciso dipende dal contesto […] A volte, per sapere cosa intendono due esoteristi quando usano la parola ciccino e a chi si riferiscono, bisogna ascoltare la loro conversazione per intero” (Laiseca, 1993, 12), [NdT].
[9]Anche qui, la categoria del fantastico “quotidiano” è usata dall’autore del saggio per sottolineare una differenza, uno slittamento e un percorso rispetto alla traccia borgesiana. A questa carrellata ideale che porta fino a Laiseca (e che afferisce, secondo Ricardo Piglia, a una tradizione letteraria particolarmente rilevante nel Río de la Plata tra gli anni Quaranta e Sessanta del Ventesimo secolo), andrebbe aggiunta anche la figura del fantastico come “utopia privata” di Juan Carlos Onetti (Piglia 2019, 29), [NdT].
[10] Borges 1957.
[11]“Gli effetti di Borges non sono letterari, sono culturali” (Tabarovsky 2001, 27), [NdA].
[12] Huergo 2011, 4.
[13] Puig 2019; cfr. Tabarovsky 2011, 27.
[14] Il costumbrismo è una corrente artistica e letteraria i cui temi principali sono i costumi tipici di un luogo o di un gruppo sociale, [NdT].
[15] Laiseca 1991, 65-70.
[16] Manuel 2002, Borges 1997.
[17] La Tecnocrazia appare in svariati racconti presenti in Laiseca 2016 c, [NdT].
[18] Laiseca 1991, 67.
[19] Bloom 1991, 43.
[20] Laiseca 2011, 149.
[21] Laiseca 2013, 70.
[22] Laiseca 2013, 70.
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Bibliografia
Bianchini 2011 = Bianchini F., “Fogwill: el hombre que nada”, «Letras Libres», maggio 2011. [La traduzione del passo citato è di Federica Arnoldi e Alfredo Zucchi].
Bloom 1991 = Bloom H., La angustia de las influencias, Caracas, Monte Ávila Editores, 1991 [La traduzione del passo citato è di Federica Arnoldi e Alfredo Zucchi. L’edizione italiana: L’angoscia dell’influenza. Una teoria della poesia. Milano, Abscondita, 2014].
Borges 1957 = Borges J.L., Discusión, Buenos Aires, Emecé, 1957 [La traduzione del passo citato è di Federica Arnoldi e Alfredo Zucchi. L’edizione italiana: Discussione. Milano, Adelphi, 2002].
Borges 1997 = Boges J.L., Storia universale dell’infamia, Milano, Adelphi, 1997.
Huergo 2011 = Huergo D., “Laiseca, el hermano delirante de Borges. En la selva de los gerundios”, «Página/12», 12 giugno 2011 [La traduzione del passo citato è di Federica Arnoldi e Alfredo Zucchi].
Kurlat Ares 2006 = Kurlat Ares S., Para una intelectualidad sin episteme. El devenir de la literatura argentina (1974-1989), Buenos Aires, Corregidor, 2006.
Laiseca 1991 = Laiseca A., Por favor, ¡plágienme!, Rosario, Beatriz Viterbo, 1991 [Buenos Aires, Eudeba, 2013].
Laiseca 1993 = Laiseca A., El jardín de las máquinas parlantes, Buenos Aires, Planeta, 1993 [La traduzione del passo citato è di Federica Arnoldi e Alfredo Zucchi].
Laiseca 2011 a = Laiseca A., Cuentos Completos, Buenos Aires, Simurg, 2011.
Laiseca 2016 c = Laiseca A., Uccidendo nani a bastonate, Salerno, Edizioni Arcoiris, 2016, traduzione di Loris Tassi e Lorenza Di Lella.
Manuel 2002 = Manuel J., Il conte Lucanor, Roma, De Luca Editori d’Arte, 2002.
Masotta 1965 = Masotta O., Sexo y traición en Roberto Arlt, Buenos Aires, Jorge Álvarez Editor, 1965.
Piglia 2019 = Piglia R., Teoría de la prosa, Buenos Aires, Eterna Cadencia, 2019, a cura di Luisa Fernández.
Tabarovsky 2011 = Tabarovsky D., Literatura de izquierda, Rosario, Beatriz Viterbo, 2011.
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