Questo ameno e stimolante – rara avis nel nostro panorama letterario per tematiche e modalità espositive – libro di Franco «Bifo» Berardi e Massimiliano Geraci parte senza un esergo, parte – in modo del tutto inconsueto, trattandosi di fantascienza distopica esistenziale – con una scena di cessione della propria anima da parte della figlia del protagonista a un losco figuro. Una cessione di due mesi. Si rimane interdetti: è un bene. Spesso durante la lettura si rimane interdetti (soprattutto quando ci si imbatte nel pensiero-linguaggio dei giovani): bene due volte! Ecco che però l’esergo secondo me c’è, solo che è nascosto e incastonato sei pagine più avanti:
«siamo gli uomini vuoti, siamo gli uomini impagliati, appoggiati gli uni agli altri, le teste piene di stoppa… e come spaventapasseri patetici ridicoli sinistri a volte, animati da un maleficio continuiamo a stare piantati, di sbieco, in campi aridi che nessuno visita più»
Il vuoto è uno dei temi portanti del romanzo: il vuoto che abita il foro interiore delle nuove generazioni, il vuoto di significato nelle esistenze degli anziani la cui vita viene artificialmente (maleficio!) prolungata ad libitum, il vuoto di Isidoro che ha perduto la figlia, ma soprattutto il vuoto dell’anaffettività: se nel libro si parla di un grande esperimento di psico-ingegneria volto allo sviluppo di un’onda empatica, ciò che però si raffigura è la fenomenologia da incubo dell’anaffettività estrema, sadica, libidica.
L’umanità è ormai divisa in due specie, quella antica, dei vecchi e quella evoluta, dei giovani – vige la più assoluta incomunicabilità, perché: «torbidi cervelli critici aggrovigliati sui tempi lenti della trasmissione alfabetica non sono compatibili con apparati cognitivi ipermobili, segmentati su configurazioni istantanee e vibratili».
Nel primo mondo va molto di moda il geronticidio: dal nulla un nugolo angelico di stupendi adolescenti danzanti – come attivati da qualcosa e spinti a riunirsi nel luogo ove si trova la vittima per compiere un rituale – ghermisce e massacra un vecchio. Senza motivo. Nessuno sa perché, un giornalista indaga, le autorità si disinteressano.
Altrove – ogni luogo periferico, che non appartenga al primo mondo, è un altrove straziante, una discarica antropica, su questo è bene che nessuno si faccia illusioni – imperversano le guerre di bambini, eccitati dal sangue, più bravi a sparare degli adulti. A combattere son i bimbi perché migliori, non perché mancano gli adulti. E si radunano in bande, nella foresta, si fanno assoldare come mercenari, «in abiti femminili, coperti di stracci o paramenti ecclesiastici, a volte nudi, con parrucche bionde, strani amuleti occhiali da sole e facce dipinte, uccidono, saccheggiano, violentano, tagliano braccia e gambe».
Ma tutto questo conta molto poco, quello che conta è il monopolio della psico-ingegneria, perché questo libro vuole indagare l’oltreumano, gli sviluppi antropici futuri, la simbiosi uomo-tecnologia che si fa sempre più stretta; e nel voler indagare e restituire questo penetrante sguardo deformante – o forse no? – sul futuro s’interessa della realtà mentale, delle sue potenzialità, modalità, influenzabilità.
In fondo questo è un romanzo apocalittico sugli stati e le alterazioni della mente.
Franco «Bifo» Berardi e Massimiliano Geraci
Morte ai vecchi
Baldini & Castoldi, 2016
pp 361