[Prometeo plasma l’essere umano, sarcofago romano, Parigi, Louvre, 240 ac]
Prometeo
Di Lord Byron (George Gordon)
Titano! ai cui occhi immortali
Le mortali sofferenze,
Viste nelle loro tristi essenze,
Non erano per lo sprezzo degli immortali;
Quale fu della tua pietà la ricompensa?
Un soffrire muto, e intenso;
La roccia, l’avvoltoio, e la catena,
Tutto ciò che i fieri reggono della pena,
L’agonia che non si mostra,
Il senso colmo d’angoscia,
Che dice solo nella sua solitudine,
Ed è geloso poi, per téma che il cielo
Abbia orecchie, sospirerà nemmeno
Finché la voce sua resti in amplitudine.
[Prometeo incatenato, marmo bianco di Nicolas-Sébastien Adam, Parigi, Louvre, 1762]
Titano! alla lotta condannato
Tra il soffrire e il volere,
Che torturano ove non possono uccidere;
E il Cielo spietato,
E del Fato la sorda tirannia,
La legge dominante dell’Invidia,
Che crea per il suo piacere
Ciò che può ridurre in cenere,
Non ti concessero neanche il finire:
Il dono abbietto dell’Eternità
Fu tuo – e tu bene lo hai sopportato.
Tutto ciò che il Tonante estorse da te
Non fu che la minaccia che respinse
Su di lui i tormenti della tua tortura;
Il fato da te sì bene anticipato,
Ma sottaciuto per non pacificarlo;
E nel tuo Silenzio fu la sua Sentenza,
E nella sua Anima vana penitenza,
E un oscuro timore sì mal dissimulato,
Che i lampi nella mano sua han tremato.
[L’aquila divora le interiora di Prometeo, Museo Vaticano Gregoriano Etrusco, 53 ac]
Tuo crimine divino fu la gentilezza,
Il rendere coi tuoi precetti minore
La somma dell’umano squallore,
Rafforzare dell’Uomo l’intelligenza;
Sebbene ostacolato come tu fosti dall’alto,
Paziente nella tua energia,
Nella ripugnanza, e rifiuto
Del tuo Spirito impenetrabile,
Che Cielo e Terra non poterono scuotere,
Riceviamo una lezione impareggiabile:
Un simbolo e un segno tu sei
Ai Mortali dei loro forza e destino;
Come te, l’Uomo è in parte degli dèi,
Corrente tumultuosa di fonte genuino;
E l’Uomo a tratti riesce a intravvedere
Il proprio ominoso accadere;
La propria miseria, e resistenza,
La propria triste e solitaria esistenza:
A cui il suo Spirito può opporre
Sé stesso – e pari a ogni dolore,
E un fermo volere, e un sentire profondo,
Che anche nella tortura sa individuare
Il proprio compenso più fondo,
Trionfante là dove osa sfidare,
E nel fare della Morte una Vittoria.
[Tortura di Prometeo, G. Assereto (1600-1649), Musée de la Chartreuse]
Prometheus
By Lord Byron (George Gordon)
Titan! to whose immortal eyes
The sufferings of mortality,
Seen in their sad reality,
Were not as things that gods despise;
What was thy pity’s recompense?
A silent suffering, and intense;
The rock, the vulture, and the chain,
All that the proud can feel of pain,
The agony they do not show,
The suffocating sense of woe,
Which speaks but in its loneliness,
And then is jealous lest the sky
Should have a listener, nor will sigh
Until its voice is echoless.
Titan! to thee the strife was given
Between the suffering and the will,
Which torture where they cannot kill;
And the inexorable Heaven,
And the deaf tyranny of Fate,
The ruling principle of Hate,
Which for its pleasure doth create
The things it may annihilate,
Refus’d thee even the boon to die:
The wretched gift Eternity
Was thine—and thou hast borne it well.
All that the Thunderer wrung from thee
Was but the menace which flung back
On him the torments of thy rack;
The fate thou didst so well foresee,
But would not to appease him tell;
And in thy Silence was his Sentence,
And in his Soul a vain repentance,
And evil dread so ill dissembled,
That in his hand the lightnings trembled.
Thy Godlike crime was to be kind,
To render with thy precepts less
The sum of human wretchedness,
And strengthen Man with his own mind;
But baffled as thou wert from high,
Still in thy patient energy,
In the endurance, and repulse
Of thine impenetrable Spirit,
Which Earth and Heaven could not convulse,
A mighty lesson we inherit:
Thou art a symbol and a sign
To Mortals of their fate and force;
Like thee, Man is in part divine,
A troubled stream from a pure source;
And Man in portions can foresee
His own funereal destiny;
His wretchedness, and his resistance,
And his sad unallied existence:
To which his Spirit may oppose
Itself—and equal to all woes,
And a firm will, and a deep sense,
Which even in torture can descry
Its own concenter’d recompense,
Triumphant where it dares defy,
And making Death a Victory.
[Prometeo plasma l’uomo, Piero di Cosimo, olio su tavola, 68×120 cm, Monaco di Baviera, Alte Pinakothek, 1515]
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In copertina: Dinos di Prometeo [particolare della consegna del fuoco – nel fusto della ferula – a un satiro danzante] – Dinos esposto al Museo Nazionale delle Marche di Ancona.