[di Mircea Eliade]
A.A. Popov racconta quanto segue di uno sciamano dei Samoiedi Avam. Malato di vaiolo, questi restò per tre giorni in stato d’incoscienza, mezzo morto: a tal segno che egli corse il pericolo di esser seppellito il terzo giorno. Durante questo tempo ebbe luogo la sua iniziazione. Egli si ricorda di essere stato condotto in mezzo ad un mare. Là udì la Voce della Malattia (cioè del vaiolo) che gli diceva: «Dai Signori dell’Acqua riceverai il dono dell’arte sciamanica. Il tuo nome di sciamano sarà houttarie (Colui che si immerge)». Poi la Malattia sconvolse l’acqua di quel mare. Egli ne emerse e salì su di un monte. Là incontrò una donna nuda, e si mise a prendere il latte dai suoi seni. La donna, che probabilmente era la Signora dell’Acqua, gli disse: «Sei mio figlio, e per questo permetto che tu ti allatti al mio seno. Avrai da incontrare parecchie difficoltà e ti sentirai spossato». Il marito della Signora dell’Acqua, il Signore dell’Inferno, gli dette poi due guide, un ermellino e un topo, per condurlo all’Inferno. Raggiunto un posto elevato, le guide gli mostrano sette tende dai tetti lacerati. Egli entrò nella prima trovandovi gli abitanti dell’Inferno e gli uomini della grande Malattia (il vaiolo). Costoro gli strapparono il cuore che gettarono in una marmitta. Nelle altre tende egli doveva conoscere il Signore della pazzia e i Signori di tutte le malattie nervose; vi incontrò anche i cattivi sciamani. Egli apprese il significato delle diverse malattie che torturano gli uomini.
Il candidato, sempre preceduto dalle sue guide, giunse in seguito nel paese degli Sciamani-Donne che gli fortificarono la gola e la voce. Fu poi condotto sulle rive dei Nove Mari. In mezzo ad uno di essi si trovava un’isola e, in mezzo a quest’isola, un giovane albero di betulla così alto da toccare il Cielo. Era l’Albero del Signore della Terra. Vicino, crescevano nove erbe, che erano i capistipite di tutte le erbe della terra. L’Albero era circondato da Mari, su ognuno dei quali nuotava una specie di uccello, coi suoi piccoli: vi si trovavano diverse varietà di anitre, un cigno e uno sparviero. Il candidato visitò tutti questi mari: alcuni erano salati, altri talmente caldi che egli non poteva avvicinarsi alla riva. Dopo averne fatto il giro, il candidato alzò la testa e, sulla cima dell’Albero, vide uomini di diverse nazioni: Samoiedi Tavgy, Russi, Dolgani, Yakuti e Tungusi.
Udì delle voci: «È stato deciso che avrai un tamburino (cioè la cassa di un tamburo) fatto con rami di quest’Albero». E cominciò a volare come gli uccelli di quei mari. Mentre si allontanava dalla riva, il Signore dell’Albero gli gridò: «Il mio ramo è caduto or ora: prendilo e fa di esso il tamburo che dovrà servirti per tutta la vita». Da questo ramo si partivano tre rami minori e il Signore dell’Albero gli ordinò di fare con essi tre tamburi che dovranno essere custoditi da tre donne per speciali cerimonie: l’uno, per praticare lo sciamanismo sulle donne partorienti, il secondo per guarire i malati, l’ultimo per ritrovare gli uomini sperdutisi fra la neve.
Il Signore dell’Albero dette parimenti dei rami a tutti coloro che stavano in cima all’Albero. Ma, assumendo figura umana e uscendo dall’Albero fino a metà busto, soggiunse: «Un ramo solo non lo do agli sciamani, perché lo riserbo per il resto degli uomini. Con questo ramo essi potranno farsi delle abitazioni e potranno anche utilizzarlo per i loro bisogni. Io son l’Albero che dà la vita ad ogni essere umano». Stringendo forte il ramo, il candidato era già pronto a riprendere il suo volo, quando udì di nuovo una voce umana che gli rivelò le virtù medicinali delle sette piante e gli trasmise certe istruzioni circa l’arte dello sciamanismo. La voce aggiunse che egli però avrebbe dovuto sposare tre donne (cosa che, peraltro, egli fece, sposando tre orfane da lui guarite dal vaiolo).
Successivamente egli giunse fino ad un mare sconfinato e là trovò degli alberi e sette pietre. Queste gli parlarono una dopo l’altra. La prima, che aveva denti simili a quelli dell’orso e una cavità della forma di un cesto, gli rivelò che era la pietra che preme sulla Terra: esercita il suo peso sui campi affinché non siano portati via dal vento. La seconda serviva per fondere il ferro. Egli restò sette giorni presso tali pietre apprendendo ciò a cui esse potevano servire nel mondo degli uomini.
Le due guide, il topo e l’ermellino, lo condussero in seguito su di un monte alto e arrotondato. Vide dinanzi a lui un’apertura e penetrò in una caverna luminosissima rivestita di specchi in mezzo alla quale vi era qualcosa di simile ad un fuoco. Rilevò la presenza di due donne, nude ma ricoperte di peli, come le renne. Poi si accorse che non ardeva là alcun fuoco, ma che la luce veniva dall’alto, attraverso un’apertura. Una delle donne gli annunciò di essere incinta e di dover dare alla luce due renne: l’una sarà l’animale sacrificale dei Dolgani, l’altra quella dei Tavgy. Essa gli dette anche un pelo che gli sarà prezioso quando sarà chiamato a far dello sciamanismo sulle renne. L’altra donna partorì parimenti due renne, simbolo degli animali che aiuteranno l’uomo in tutti i suoi lavori e che gli serviranno anche da nutrimento. La caverna aveva due aperture, l’una verso il Nord e l’altra verso il Sud; attraverso ognuna di esse le donne inviavano una giovane renna per servire i popoli della foresta (Dolgani e Evenki). Anche la seconda donna gli dette un pelo; quando farà dello sciamanismo, è verso questa caverna che, in ispirito, si dirigerà.
In seguito il candidato raggiunse un deserto e scorse, assai distante, una montagna. Dopo tre giorni di marcia vi arrivò e attraverso un’apertura penetrò nel suo interno, incontrando un uomo nudo che si dava da fare con un mantice. Sul fuoco si trova un calderone «grande come la metà della terra». L’uomo lo scorse e lo afferrò con un enorme tenaglia. «Son morto» – ha appena il tempo di pensare il neofita. L’uomo gli tagliò la testa, fece il suo corpo a pezzetti e mise il tutto nel calderone. Così il corpo fu messo a cuocere, per tre anni. Nel luogo si trovavano inoltre tre incudini e l’uomo nudo dette forma alla sua testa usando la terza di esse, destinata a forgiare i migliori sciamani. Poi gettò la testa in una delle tre marmitte che si trovavano là vicino e l’acqua della quale era la più fredda. In tale occasione gli rivelò che quando si è chiamati a curare qualcuno, se l’acqua è molto calda, è inutile ricorrere all’arte sciamanica, perché l’uomo è già perduto; se l’acqua è tiepida, egli è malato ma suscettibile a guarire; l’acqua fredda, infine, è caratteristica di un uomo sano.
Poi il fabbro ripescò le sue ossa ora galleggianti su di un fiume, le rimise insieme e le ricoprì di carne. Le contò e dichiarò che ve ne erano tre di troppo; a causa di ciò, l’aspirante avrebbe dovuto procurarsi tre costumi da sciamano. Gli forgiò la testa mostrandogli come si possono leggere le lettere che vi si trovano dentro. Gli cambiò gli occhi, ed è per questo che quando l’aspirante farà dello sciamanismo egli non vedrà coi suoi occhi carnali, bensì con questi occhi mistici. Gli forò le orecchie mettendolo in grado di comprendere il linguaggio delle piante. Successivamente il candidato si ritrovò sulla cima di un monte e alla fine si risvegliò nella yurta, presso ai suoi. Ora, egli può cantare e far dello sciamanismo indefinitamente, senza mai stancarsi.
[Lo sciamanismo e le tecniche dell’estasi (1951), trad. it. di Julius Evola riveduta e aggiornata da Franco Pintore, Roma, Edizioni Mediterranee, 1974-2005, p. 59-62]
Mircea Eliade (Bucarest 1907–Chicago 1986) si formò come filosofo e storico delle religioni all’Università di Bucarest. Negli anni 1927-1928 frequentò a Roma le lezioni di Giovanni Gentile. All’Università di Calcutta studiò con S. Dasgupta e nell’eremitaggio di Rishkesh sull’Himalaya. Fu addetto culturale rumeno a Londra e Lisbona e, dopo la seconda guerra mondiale, si trasferì a Parigi dove insegnò all’École des Hautes Études. Nel 1957 ottenne la cattedra di storia delle religioni all’università di Chicago. Oltre ad aver scritto alcune opere generali di storia delle religioni, Eliade fu uno dei maggiori specialisti dello sciamanismo, dello yoga e dei rapporti tra magia e alchimia.
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In copertina: José Benítez Sánchez, The Ancestor Spirits Rise to the Surface of the Earth, 1974, 1.22 x 1.22 m.