Chiedere a una donna di uscire con te non è la cosa più facile del mondo. Primi appuntamenti spesso finiscono come ultimi appuntamenti. La storia diventa ancora più problematica se dici a una appena incontrata che fai il netturbino. Nutrivo speranze con Wanda Melton perché ci conoscemmo attraverso lo smaltimento di rifiuti. Wanda si sporse dalla finestra una mattina presto e fischiò. Indossava una camicia da notte di garza e basta. Non era più giovanissima. Mi chiese di venire di sopra per darle una mano. Non succede tutti i giorni. Nel suo appartamento indicò un grosso sacco legato con della corda. Disse di aver tolto la moquette. Il fardello era troppo ingombrante per lei. Cinque piani, niente ascensore. Sarebbe finita lì, la storia — gli operatori del verde imparano a non aspettarsi mance — se Wanda non mi avesse seguito giù. Voleva vedermi scaraventare il sacco nel camion. Sghignazzò mentre il compressore lo maciullava e stritolava. Aveva la bocca carnosa. Mi mise una mano sul braccio quando mi ringraziò. Poche donne toccherebbero un netturbino in servizio. Veramente, non succede mai. Wanda era diversa. Ora che ci ripenso, quel sacco conteneva suo marito. In quel momento però pensavo solo a una storia con una donna poco schifiltosa.
Smaltire rifiuti non faceva impazzire neanche me all’inizio. Ora invece mi piace. Il lavoro, intendo. La paga è buona. In quanto agli orari, basta alzarsi presto. Benefici a iosa, e i colleghi della Nettezza non sono malvagi. Non siamo tenuti a entrare dentro edifici in fiamme. Nemmeno ci facciamo sparare da criminali. A volte ci sporchiamo di maionese rancida. Mi sono laureato in mezzo a una recessione: era stato ufficialmente constatato il decesso dell’offerta di lavoro. Stavo per prendere la patente di tassista quando intervenne un vecchio amico, Ned Chupo. Ned fa il poliziotto. Voleva che lavorassi con lui. Non si fidava del ciccione afroamericano assegnatogli come partner dopo un pasticcio con Internal Affairs. Facilitò tutto: evitai seccature burocratiche, code e liste. Superai l’esame per il Public Service. Ned fu deluso quando scelsi di lavorare alla Nettezza anziché in Polizia, ma non me ne volle.
Wanda teneva le braccia incrociate sul petto. Faceva freddo. Rispose di sì quando le chiesi un appuntamento. Farfugliai che sarei tornato a prenderla il sabato successivo. Ripetei il suo indirizzo come un mantra del sesso per tutta la giornata. Per il resto della settimana pensai a come stupirla, renderla mia. Non mi vennero grandi idee. So che alle donne non piacciono tipi poco fantasiosi. Quando gli descrissi Wanda, Ned suggerì di portarla agli incontri di pugilato tra Polizia e Vigili del Fuoco, che, guarda caso, erano in programma proprio quel sabato. Forse mi sentì deglutire. I biglietti per la Sagra del Cazzotto costano un occhio — se riesci a trovarli. «Nessun problema» disse, e ne tirò fuori di tasca due. Recavano la scritta: Ringside. Wanda non avrebbe potuto accusarmi di essere spilorcio, ma poi pensai all’avversione femminile per gli sport, specialmente per quelli violenti. «Vuoi scherzare?» disse Ned. «Le donne vanno matte per la violenza, solo che non devono ammetterlo. Come l’altra cosa. E sai come impazziscono per quella.» Era vero. Ne avevo avuto delle prove, e ne volevo molte di più. Sembrò offeso quando gli chiesi quanto costavano i biglietti. «Offre la ditta. È un piacere se gli amici vengono a vedermi vincere i pesi massimi.»
La nostra amicizia fa parlare, alla stazione di Polizia. Poliziotti e pompieri si odiano in modo viscerale. Non so come facciano ad aspettare un anno intero per darsele. La Nettezza Urbana non vanta una scuderia di pugili. Sarà perché il nostro lavoro rende pacifici. Poliziotti e pompieri si trovano d’accordo solo nel pensare che puzziamo.
Sentii un pugno allo stomaco quando Wanda Melton scese le scale. Mai visto così nuda una donna vestita. Voleva un aiuto a mettersi il cappotto. Chilton Street era intasata di tassì e automobili. Wanda e io arrivammo a piedi. Non ho la macchina, e poi fare due passi dopo cena aiuta a digerire. L’avevo portata a un vecchio steakhouse in centro. Quando il cameriere chiese per la cottura della carne, Wanda rispose, «Fa’ che muggisca ancora.» Alla palestra c’era la baraonda, e nuvole di fumo. Le luci accentuavano la sporcizia del posto. Wanda mi strinse il braccio. «Ehi guarda c’è il sindaco.» «Il mio capo» dissi. Al frastuono venne aggiunta musica marziale. Coach Neil, l’allenatore al liceo, ci dava la stessa colonna sonora. Per insegnarci il ritmo, diceva. Bisogna avere musica dentro, per menare botte da orbi. Raccontai a Wanda di aver fatto pugilato anch’io. Era stato così che avevo conosciuto Ned il poliziotto. Mi strinse di nuovo il braccio. Gonfiai il bicipite come un coglione.
Ned Chupo prima di fare il poliziotto faceva il pugile. Mirava alle Olimpiadi, ma un polacco di Detroit gli spaccò la testa durante un incontro preliminare. Ciò nonostante divenne professionista, ma non fece carriera. Superò con una sufficienza l’esame per entrare nelle forze dell’ordine. Quando entravo nel ring con Ned, lo stendevo. Ero più alto, avevo le braccia più lunghe, capivo meglio la tattica, ma una volta mi aveva quasi ucciso. Ripresi conoscenza nello spogliatoio. Coach Neil mi guardava dall’alto, continuava a chiedermi se ero OK. Non raccontai quella parte a Wanda. Gli incontri lightweight sfilarono in una bufera di pugni. I giudici erano un politico, un celebre cronista di nera e un imprenditore immobiliare ricco sfondato. I pompieri avevano vinto quattro match, i poliziotti tre. Ai pesi medi, un pompiere spappolò il naso a un poliziotto come se qualcuno avesse lanciato un cocomero dal decimo piano. Un altro pompiere, reso sordo dalle sirene, non sentì o fece finta di non sentire il campanello e colpì alla nuca il suo avversario dall’aria strafottente che lo stava battendo. Fu squalificato, ma i simpatizzanti dei poliziotti minacciarono rissa. Gli occhi di Wanda lampeggiavano. Mi stringeva la mano così forte da amputare le dita. Dal ring le era schizzato sangue sul vestito. Rifiutò il fazzoletto. La folla si alzò in piedi quando annunciarono i pesi massimi. Ned Chupo doveva affrontare Stan Plowzik, una montagna di carne che spegneva edifici in fiamme con il palmo della mano. Il gigante balzò sul ring e congiunse le mani guantate come se avesse già vinto.
Ned emerse dallo spogliatoio, una figura spettrale. «O dolce Gesù!» urlò Wanda. «La vedo brutta per il tuo amico. Quell’altro ha le braccia come ruspe.» «Non ti preoccupare» dissi, anche se non sembrava preoccupata per niente. «Plowzik è un bestione, ma ha poca esperienza.» Ci fu la cerimonia dei protettori dentali. Via gli accappatoi. La ciccia di Plowzik ondulava sopra travi di granito. Ned Chupo a torso nudo era brutale. Una pallottola gli era passata attraverso la spalla destra. Wanda mugugnò quando vide le vecchie ferite. Non le raccontai di quando mi ero tagliato un dito con una scatola di tonno contaminato. Senza nemmeno pensarci, la gente butta via oggetti taglienti senza avvolgerli. Avevo preso una brutta infezione, ma non credo che le interessasse. Plowzik si scaldava facendo piegamenti alle corde. «Ehi, Einstein!» urlò farfugliando all’avversario. «Com’è finito poi, il caso Di Netto?» Ned avrebbe iniziato il primo round in quel momento, se l’allenatore non l’avesse trattenuto. Scattava come un cavallo imbizzarrito. Sembrava volere che uno dei colleghi gli passasse una calibro 38. «Wow» disse Wanda. «Perchè ha reagito così?» Cercai di spiegarle la palude di incendi dolosi e cocaina in cui era sprofondato il tenente William “Blowgun Bill” Nitcher, ex-partner di Ned Chupo. Wanda non stava ascoltando. Si dimenava sulla sedia.
Suonò la campanella. Cadde una pioggia di sberle. Wanda emise rumorini in fondo alla gola. Sul ring non schivavano le botte. Pareva di sentire un assolo su tamburi attutiti. Risuonò la campanella. Plowzik perdeva sangue dalla bocca. I suoi baffi da tricheco sembravano trattenere a stento una marea rossa. Chupo sanguinava al sopracciglio. Chiesi a Wanda se voleva una birra, ma era assorta dal lavoro del corner: le spugne, i massaggi alle spalle, la vasellina, le cannucce tese per essere succhiate da bocche strappazzate. Volevo una birra per calmarmi lo stomaco. Mi girai un’altra volta. Il pubblico era diventato un mostro amorfo, una medusa grande come una nuvola di tempesta. Durante il round successivo i pugili volarono dai loro angoli. Plowzik colpì per primo. Chupo ne risentì. Incespicò, e contraccambiò con un colpo basso. «Figlio di puttana!» Plowzik fu zittito con un uppercut micidiale. Andò giù. L’arbitro contò fino a tre. Plowzik si rialzò con goffa furia. Chupo si avvicinò per finirlo. Le loro braccia divennero mulini a vento. Le fronti quasi si toccavano. L’arbitro si mise in disparte. Doveva chiamare la polizia? La folla si alzò in piedi. Le luci brillarono ancora più forte. Brutti arcobaleni apparvero a ogni pugno.
Wanda si leccò le labbra. Ero il solo a non urlare. Sapevo cosa stava per succedere. L’avevo già visto in un incubo. Chupo sferrò un gancio destro. La faccia di Plowzik non era più un viso, ma un’esplosione. S’irrigidì e cadde. Chupo continuò a picchiare aria. L’arbitro urlava, ma non osava avvicinarsi. Chupo smise di menare. Dal guanto destro cadde sangue con voluttuosa lentezza. Plowzik respirava ancora, immerso nel beato sonno del coma. Accorsero i tecnici, passarono tra le corde una barella. Ma era troppo tardi. Portarono via un grosso cadavere. Cadde il silenzio. Aprii una porta, incurante dell’insegna Men. Là dentro c’era solo l’eco del frastuono fuori. Wanda mi tirò contro di sé in una delle stalle. Alzò la sottana. Niente mutandine. La riaccompagnai a casa. Salire da lei a quel punto sarebbe stato superfluo. Mi leccò l’orecchio e disse che era stata la più bella serata della sua vita. Poi mi chiese il numero del mio amico Ned. Voleva solo assicurarsi che stesse bene, disse. Ned non stava male affatto.
Ora lui e Wanda stanno insieme, e io mi sono rimesso a pensare. Se trovo un’altra donna disposta a uscire con me, la porto al cinema.
Bel racconto, davvero.
Mettilo un punto.