Cari, numerosi, crapuli sparsi nel mondo, long time no see, n’est-ce pas?
Eccoci qua, punto e daccapo, n’artra vorta – l’assenza, cari, è pur sempre un modo di starci.
Stanotte, o ‘sta mañana secondo il vostro fuso orario, vorremmo riprendere un filo – la narratività, cose così, amene.
Sulla scia del “ best-seller di qualità” echiano (l’eco d’Eco), nel quadro d’una struttura teorica home-made (New Italian Epic), Wu Ming hanno scritto Altai (Einaudi, 2009).
La intriga riallaccia i fili sciolti di Q (Luther Blisset, Einaudi, 1999) – Gert dal Pozzo, scampato all’inquisizione a metà del felice secolo XVI, si rifugia a Costantinopoli – alla vigilia di una delle battaglie che hanno definito i rapporti tra oriente ed occidente prima dell’era dell’impero yankee (Lepanto,1571). Manuel Cardoso, ebreo convertito al cattolicesimo a Venezia, si trova ad un passo dalla morte a causa delle sue origini; scampa alla gogna per ritorvarsi partecipe di un ambizioso progetto di ricostituzione dello stato ebraico. Giuseppe Nasi, mente e cassa dell’impresa, ebreo di origini portoghesi con grande influenza alla corte del sultano di Istanbul, vuole cavare, dall’ostilità secolare tra Venezia e l’impero Ottomano, la corona di Cipro per sè – la rifondazione del regno di Davide.
Wu Ming (come pure l’altro Luther Blisset) si muovono, acrobati, tra la storia che scrivono i vincitori, quella degli archeologi e dei perdenti, e la possibilità pura, la finzione. E il risultato, il risultato è. Costruito sul contrappunto di due voci narranti, il libro vuol farsi divorare, ti implora di divorarlo; crea una fame e un’aspettativa, una isteria da trama – si dirà che, in qualche modo, appoggiarsi alla storia, ed oltre, appoggiarsi ad una storia quasi mitica, facilita tale processo. Ed è vero. È vero pure che “la trama è tutto” è un approccio che va a discapito della scrittura stessa, costruendo risacche testuali di mera irrilevanza (non si contano, sulle circa 400 pagine del libro, i paragrafi che si possono, si devono saltare). Qui la scrittura, si direbbe, non è il fine. Puede ser.
La tentazione di leggere il romanzo in funzione delle disposizione teoriche di New Italian Epic – quella tensione diacronica a trasporre temi del presente nel passato – è forte. In questo senso, non tanto gli eventi (il suo succedersi: la trama, qui, è un’architettura mirabile) quanto gli atteggiamenti, le reazioni dei protagonisti (il redivivo Gert dal Pozzo e Manuel), la loro relazione col potere e con la Storia, tradiscono questa tensione e per questo, probabilmente, i loro gesti risultano artificiali – come dire, da dietro si vedono i fili che li muovono. Ciò nonostante – per quanto i dati storici siano noti, la disfatta turca a Lepanto e lo stato di Sion in Palestina – si arriva fino all’ultima pagina e si vuol sapere ad ogni costo.
Con alcuni libri di Amin Maalouf, con Tolkien probabilmente, Altai s’è messo di forza tra i libri che uno legge e desidera d’impeto e che, una volta terminati, non c’è ragione di tornare a sfogliare.
D'accordo, leggero – in francese pero, che il mio cervello ha bisogno di scappare senza sforzi ultimamente.Pero, Maalouf, Tolkien (e il grande Albert Cohen che non hai ancora voluto/potuto leggere), sono tornata a sfogliarli.
@EliseZL – legga pure, si prenda il suo tempo, poi mi dirà se vale o non vale la pena, tornare su queste pagine. Tra i libri di Maalouf ci sono pagine memorabili su cui vale sicuro la pena ripassare
Mi chiedo: questa lettura cinematografica della realtà, la trasposizione dell'uomo reale, eppure inventato, eppure storico (quasi si volesse recuperare l'antica logografia), dicevo, la scrittura metalinguistica e di conseguenza la lettura meta-qualcosa, fino a che punto rende credibile la letteratura? Senza togliere che quelli di Wu Ming sono buoni libri, un libro per essere ottimo dovrebbe avere la peculiarità di lasciarti ancora incompleto, con la sensazione che c'è qualcosa che sebbene sia stato detto, va riletto, per comprenderlo meglio.Certo, la letteratura così vasta e i lettori pochi ma differenziati (a volte mi sembra che ce ne sia uno per genere), ciò rende il lavoro di Wu Ming qualcosa di buono, ma fine a sè stesso, come la storiografia. E se si trattasse proprio di quest'ultima e non di letteratura, la nostra, quella che leggiamo più volte? E se fosse una forma di lotta al Revisionismo Storico? Forse degenero?
Non credo degeneri, al contrario. In qualche modo (senza politicizzarlo, perchè qua da noi appena fai il resistente ti metti addosso dei panni partigiani che, insomma…) così è. Una forma di lotta, o di sfida.Dall'altro lato, non cho capito esattamente in che senso poni la questione della scrittura metalinguistica di Wu Ming.Il loro progetto è interessante, eda l di là di tutto,forse meriterebbe una discussione a parte.