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F. Kafka – Lettere a Milena, p24

[Praga, 15 luglio 1920] Giovedì Di fretta[1], prima di andare in ufficio, volevo starmene zitto, mi ci strozzo da tre giorni e, perlomeno adesso che stai combattendo lì quella spaventosa battaglia, volevo starmene zitto, ma è impossibile, ci sta, è anche la mia battaglia. Forse ti sei accorta che non dormo da un paio di notti. È semplicemente «l’angoscia». Questa è davvero una cosa che mi priva di ogni volontà, mi gira e rigira come vuole e non so più…

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F. Kafka – Lettere a Milena, p23

[Praga, 14 luglio 1920] Mercoledì Tu scrivi[1]: «Ano máš pravdu, mám ho ráda. Ale F., i tebe mám ráda»[2] – leggo questa frase molto scrupolosamente, parola per parola, mi fermo soprattutto su “i”, è tutto giusto, tu non saresti Milena se non fosse giusto e cosa sarei io se tu non fossi ed è anche meglio che tu scriva questo a Vienna invece di dirlo prima a Praga, tutto ciò lo capisco benissimo, forse anche meglio di te, eppure, per…

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F. Kafka – Lettere a Milena, p22

[Praga, 13 luglio 1920] Martedì Ho qui i tuoi due telegrammi[1]; capisco, finché sono state lettere di Jarmila, non hai fatto domande sulla posta di Kramer[2], è tutto a posto, soprattutto non devi assolutamente temere che io faccia qualcosa di mia iniziativa senza prima aver avuto il tuo consenso. La cosa principale, però, è che finalmente, anche dopo una notte quasi insonne, io stia seduto davanti a questa lettera che mi risulta infinitamente importante. Tutte le lettere che ti ho…

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F. Kafka – Lettere a Milena, p21

[Praga, 13 luglio 1920] Martedì, un po’ più tardi Come sei stanca[1], nella lettera di sabato sera. Avrei tanto da dire a proposito della lettera, ma alla tua stanchezza oggi non dico niente, sono stanco anche io, per la prima volta dal mio arrivo a Vienna ho davvero la testa torturata dal dolore per non aver assolutamente dormito. Non ti dico niente, ti metto a sedere sulla sdraio (tu dici di non aver compiuto abbastanza gesti d’amore nei miei confronti…

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Album

La faccia della madre. La bambola che buttò dalla finestra. Il libro che bruciò. L’acquario che svuotò in salotto. La bambola a cui strappò le gambe. Il primo psichiatra. La tazza con cui colpì la madre. La baby-sitter poco prima che se ne andasse. La nonna materna poco prima che se ne andasse. Il padre poco prima che se ne andasse. La faccia della madre. Il gatto che infilò nel forno. Il secondo psichiatra. Il primo asilo. Il bambino che…

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Alberto Laiseca – Gradinata di gioielli

Gradinata di gioielli di Alberto Laiseca Uccidendo nani a bastonate Edizioni Arcoiris, 2017 Collana: Gli Eccentrici, a cura di Loris Tassi *** Il bey della Turchia, Hashyud, fece costruire sette palazzi sovrapposti in cui rinchiuse, l’una dopo l’altra, le sue sette consorti con tutti i loro beni. Ognuna gli durava più o meno due anni. Quando si stancava di lei le regalava vestiti magnifici, a mo’ di corredo funebre, e poi la imprigionava in un palazzo, eretto sopra il precedente….

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Tesi sul racconto

di Ricardo Piglia traduzione di Alfredo Zucchi I In uno dei suoi quaderni, Cechov annota quest’aneddoto: «Un uomo, a Montecarlo, va al Casinò, vince un milione, torna a casa, si suicida». La forma classica del racconto è condensata nel nucleo di questa narrazione futura e mai scritta. In opposizione a una struttura prevedibile e convenzionale (giocare-perdere-suicidarsi), la trama qui si pone come un paradosso. L’aneddoto, infatti, tende a svincolare la storia del gioco da quella del suicidio. Questa scissione è…

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