Era in ritardo, l’ansia gli aveva attivato la tachicardia e ogni pochi minuti un balzo fuori tempo del muscolo cardiaco; in aggiunta, il pessimo umore. A passo rapido guadagnò posizione rispetto alla signora che era entrata quasi insieme a lui e arrivò primo al totem multimediale che distribuiva i biglietti numerati di prenotazione del posto nella fila. Sullo schermo ampio controllò il settore d’ufficio che interessava il suo caso e sbatté il dito indice con forza sull’icona “Rimborsi”. La signora intanto, arrivata trafelata al suo fianco, ne scrutava le mosse con impazienza.
Il biglietto non uscì. Lui si passò una mano fra i capelli, respirò in modo ampio e provò nuovamente a battere sul vetro, questa volta con due dita. La signora sbuffò.
Niente.
Un giovanotto gli si accostò dall’altra parte. Lui si voltò cupo a guardarlo e vide che il giovane lo fissava con saccenteria.
Provò di nuovo a toccare il vetro dello schermo, ma invano. Si pulì anche i polpastrelli per essere sicuro che non dipendesse da qualche particolare patina che gli si fosse formata sulle dita.
Intorno a lui si era addensato un gruppo di persone nervose. Uno di loro sbottò: «Se non sa fare, si sposti e lasci fare gli altri, no?»
Si levarono mormorii di approvazione. Si era formato un partito a lui avverso. Adesso si trovava isolato nella sua ostinazione a occupare il totem.
Sferrò un pugno sul vetro.
«Non funziona! È rotto! Non funziona!»
«Lei si faccia da parte e non danneggi la macchina, o dovrà ripagare il danno!»
Un uomo in divisa lo spinse di lato senza tanti complimenti. La folla alle sue spalle esultò e defluì nello spazio lasciato libero, riversandosi di fronte al totem.
Si ritrovò indietro, ostacolato da una foresta di schiene.
Si sentivano brevi squilli gentili: erano i biglietti che venivano emessi. Il totem funzionava, era evidente.
Furioso spinse, tentò di farsi largo per vedere cosa gli altri facessero di diverso per far funzionare quel dannato schermo, ma non riuscì ad avanzare di un solo passo. La folla che aveva creato con il suo ritardo, e che lo aveva superato poi in un solo istante, era diventata oceanica, e lui si ritrovò evacuato, sputato sulla gradinata d’ingresso dell’edificio, dove sentì le ginocchia cedergli e il battito cardiaco farsi così forte da assordarlo.
Cadde sulla gradinata e schiattò all’istante.
In copertina: disegno degli studenti di architettura di Sidney per l’inaugurazione dell’Opera House nel 1973.
Fantastico!
Molte grazie!
Il racconto si legge d’un fiato, e in sincronia con il protagonista sale la tachicardia.
Il totem in diverse culture è un oggetto imperscrutabile; racchiude le speranze e preghiere. Come gli uomini di tutti i tempi, anche i contemporanei hanno costruito totem, davanti al quale ballano con ferocia, a modo loro.
Sotto gli sguardi degli altri preganti, il protagonista viene colpito a morte.
Un giudizio fra pari che si perde e si tramanda di secolo in secolo: l’accusa di non saper pregare, di essere sgraditi agli dei. Il disprezzo.
L’uomo vittima del l’ironia del destino, ci lascia con l’amara consapevolezza che la credenza dell’umanità in una giustizia, e nella formula causa – effetto … sia opinabile.
Anche se inginocchiati sotto un totem, nella polvere.
Grazie del commento, che apre paesaggi vasti e riflessioni da proseguire…
Gran bel racconto. Chiarezza edificante
Grazie, Nicoletta. Sono contenta che abbia dato qualcosa.