Il feeling blue di questi giorni è un cane e non mi lascia stare. Tre pezzi allora, para olvidar.
Uno: classico mediterraneo, IL MEDITERRANEO di nome e di fatto – per quanto il nostro, catalano, l’abbia poi scritto e cantato in castigliano. Più istituzionale dei pezzi che seguono, se esistesse un’entità politica propriamente detta (tipo Impero Mare Nostrum) ne sarebbe l’inno ufficiale.
Due: Una delle più infamanti pecche di Aristotele fu sicuramente quella di non aver usato, nella sua Poetica, questo pezzo per spiegare ai peripatetici come mangiarsi un’emozione. Platone subito corresse il tiro e lo bannò dall’omonima Repubblica di Platone (8, Via degli Egizi, Siracusa). Nel Tractatus, Wittgenstein ne sposa in toto la causa pur non capendo perfettamente il napoletano.
Tre: quanti stucchi dorati può albergare casa Battiato? Un uomo-barocco. In questo pezzo si delinea quella sorta di rivalità oceano-mare dove il nostro assumerebbe i contorni dispregiativi di un laghetto. Cito:
“Non dia credito a quanti, d’invidia, lo chiamano lago. Se è una colpa, per l’acqua, farsi tavola e piano riflesso, sia pure. Che si tengano gli altri i geloni sui piedi e ogni maremoto…”
“Ha bevuto, mio caro?”
“…il più dolce vento, mia cara, di levante, dalla sera alla mattina. Le acque stesse si fanno lascive, sbattono – guanto di scroto su gluteo rotondo – sbattono sulla chiglia.”