Il primo episodio della seconda stagione di True Detective (scritta da Nic Pizzolatto, prodotta da HBO) è appena uscito. Tutti sanno che si tratta di una serie antologica: nuova storia, nuovi attori, persino nuovi registi – eppure, fin dai titoli di testa, vengono fuori sostanziali elementi di continuità.

In hoc signo vinces

I grandi assenti della seconda stagione in realtà non lo sono: Cary Joji Fukunaga (regista della prima stagione), Woody Harrelson (Mart) e Matthew McConaughey (Rust) sono accreditati come produttori esecutivi.
La linea della continuità prosegue nella struttura narrativa: la sfasatura temporale, che nella prima stagione produce dei momenti di grande letteratura, con un uso perfetto del narratore inaffidabile, è presente anche nella seconda stagione, e promette di essere motore del mistero.

Ras, milieu, moment

La novità più drastica è il contesto, l’ambiente: dal Mississippi blues della prima stagione alla Società dello Spettacolo della seconda – dalla Louisiana alla California. Il peso specifico di questo cambio si riflette, per prima cosa, nella natura dei riferimenti letterari e degli oggetti feticcio, i vettori d’occulto.

Dove prima c’era il southern gothic, e con quello Robert W. Chambers e il suo The King in Yellow, H.P. Lovecraft, il satanismo; qui, nello stato della California, i riferimenti sono diversi. C’è Allen Ginsberg e il misticismo in salsa western; c’è ancora Lynch, ma non Twin Peaks, bensì Mulholland Drive. Ci sono dildo e sex-toys invece che la stella nera, le corna di cervo, e gli l’acchiappa-satana.

Il fantastico diventa esotico?

Nella prima stagione, l’orizzonte fantastico (l’omicidio ritualistico, i cui elementi da rappresentazione arcaica, crudele nel senso di Artaud, si legano ad altri più propriamente satanici, e Carcosa e il Re Giallo) funzionano come limite – limite nel quale la serie non affonda, che rimane orizzonte mitico in stretta relazione col motivo dell’omicida e col suo mondo.
La seconda stagione offre un’orizzonte diverso: Hagakureil titolo stesso dell’episodio (The Western Book of the Dead, il Bardo Thodol d’occidente) e questa statuetta

Statuette TD2

 

lasciano intendere Oriente (“Asia altre storie porterà”).

Any other business

Mart nella prima stagione usa Micheal Jordan per definire l’eccellenza sulla terra.

Ray Velcoro, nell’incipit della seconda, regala al figlio le scarpe di Lebron James.
Nic Pizzolatto, ti piace il basket – fantastico. Però siamo in California, da che mondo è mondo, questo è il regno di Kobe The Black Mamba Bryant.

Ora dateci il seguito che abbiamo fame.